09/04/2025                                                                            
                                    
                                    
                                                                        
                                        "CANE CORSO e MASTINO NAPOLETANO 
La verità oltre i miti" 
Da decenni si racconta del Cane Corso e del Mastino Napoletano con toni epici, favole e leggende. C’è chi li vuole discendenti diretti dal Canis Pugnax dei Romani, chi li immagina guerrieri d’arena, reliquie di un impero lontano. Ma la verità è un’altra, e non è meno affascinante: è più concreta, più vera, più vicina alla nostra terra. È la verità dei campi, delle masserie, delle stalle, del sudore e del sangue.
Fino a metà Novecento, nel Meridione d’Italia non esistevano razze codificate. Esistevano i can’ e presa: cani rustici, forgiati dal lavoro, scelti per la loro utilità e non per l’apparenza. Custodivano case e stalle, difendevano raccolti e pagliai, conducevano e proteggevano il bestiame, affrontavano il cinghiale e qualsiasi altro selvatico. Erano diversi l’uno dall’altro, ma uniti dalla stessa funzione: essere indispensabili. Molti portavano orecchie e coda accorciate, non per vanità ma per necessità. Da quel gesto pratico nacque la parola “corz”, accorciato, che nel tempo divenne “Corso”.
Da quel ceppo comune si staccarono due anime. Il Mastino Napoletano, chiamato “cane ’e presa”, era il più imponente e rugoso, solenne, implacabile, monumento vivente alla potenza. Dal 1949, con il riconoscimento ufficiale, la selezione lo cristallizzò in un cane unico, una statua di carne che non assomiglia a nessun altro al mondo. Il Cane Corso, invece, rimase il cane del contadino, del pastore e del cacciatore: più asciutto, rustico, agile, capace di mille funzioni. Non era una razza pura e continua, ma un tipo funzionale, modellato sugli scopi e sulle esigenze delle diverse regioni: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Campania interna. Solo negli anni Settanta e Ottanta si tentò di ricostruirlo, e fu inevitabile l’apporto di altre razze come Boxer, Bullmastiff e lo stesso Mastino, per fissarne le linee.
Le verità storiche parlano chiaro: nessuna prova collega direttamente Corso e Mastino al Canis Pugnax. Sono figli della civiltà rurale recente, non dell’arena romana. Anche la caudotomia e la conchectomia, spesso demonizzate o romanticizzate, nacquero da esigenze pratiche: nel Corso per ridurre i rischi durante caccia e combattimenti, nel Mastino per prevenire fratture e mantenere equilibrio. Solo con la cinofilia da esposizione quei tagli divennero stile, fino a quando la legge li ha vietati.
Il Cane Corso non è mai stato una razza pura ininterrotta: è il prodotto di incroci mirati e selezione pratica, e come razza vera e propria è nato solo negli anni Ottanta. Il Mastino Napoletano, invece, è il frutto di una selezione precisa, consolidata e riconosciuta già nel 1949, e ha conquistato il mondo con la sua unicità e imponenza. Peccato per la deriva che ha vissuto dal 2000 in poi, quando l’ossessione per l’ipertipo richiesto dalle mode ha tradito il cane, sporcandolo con sangue di Alani, Mastiff e San Bernardo.
Non sono nemici. Non sono doppioni. Sono fratelli dello stesso ceppo, figli dello stesso cane da presa, più probabilmente imparentato con i perro de presa spagnoli, ma cresciuti in due direzioni opposte: il Mastino, monumentale, solenne e implacabile; il Corso, agile, versatile e rustico.
E allora basta leggende. Basta favole consolatorie.
Il Cane Corso non è il Canis Pugnax.
Il Mastino Napoletano non è un guerriero romano.
Sono molto di più: sono testimoni fedeli di una civiltà contadina che resisteva con la forza dei suoi cani.
Riconoscere questa verità non li sminuisce. Li rende finalmente liberi dalle bugie. Il Mastino è un’opera unica di selezione, il Corso è il testimone moderno di un’antica funzionalità. Entrambi meritano rispetto, non per ciò che si inventa su di loro, ma per ciò che davvero sono stati e sono ancora oggi.
Chi li ama davvero deve avere il coraggio di guardare in faccia la realtà: perché la loro grandezza non ha bisogno di miti. Sta tutta nella verità.
Dott. Vito Branco, DVM
Medico Veterinario – Studioso dei molossoidi italiani 
( In foto soggetti che vanno dal 1930 a fine anni 80 )