27/08/2025
Allora… quello nero è il mio. Sì, quello con il collare. Ma stasera, tornando a casa, ho scoperto che aveva invitato… come dire… dei rinforzi. Entro in cucina, alzo lo sguardo e lì, sul piano di lavoro, quattro sagome allineate, ferme come statue, mi fissano senza ba***re ciglio. Nessun miagolio, nessun movimento. Solo un silenzio pesante, quasi solenne.
Sembravano intenti a discutere un piano segreto, interrotto solo dal mio arrivo. Ho subito avuto la sensazione di essermi infilato in una riunione privata, una specie di consiglio felino. I loro occhi brillavano di un’intelligenza sospetta, e la loro disposizione perfetta mi faceva pensare a una messa in scena militare.
Ho pensato: colpo di stato. Già, ecco cos’era. Non sono più io a vivere con un gatto… sono loro che vivono con me. E a quanto pare stavano ridefinendo le regole della casa.
Il tigrato grigio, a sinistra, sembrava lo stratega. Sguardo fisso, serietà inflessibile. Sembrava stabilire le linee guida: nuovi orari dei pasti, aumento delle porzioni, controllo totale del divano. Il secondo, più robusto, aveva l’aria di essere il guardiano delle decisioni. Non molto loquace, ma pronto a eseguire ogni ordine con fedeltà.
Il nero, il mio, ovviamente, faceva da intermediario. Probabilmente era lui ad aver organizzato la riunione. Mi guarda come per dire: Mi dispiace, umano. Non è nulla di personale. Ma le cose devono cambiare.
E poi c’era l’ultimo, quello in fondo, con quello sguardo un po’ ironico. Lui è la mente dell’operazione. Il tipo da immaginare riforme ambiziose: più scatoloni in salotto, eliminazione definitiva dell’aspirapolvere, apertura libera del frigorifero a qualsiasi ora.
Sono rimasto lì, con la borsa ancora in spalla, a osservare questo comitato improvvisato. Ho perfino avuto l’impressione che aspettassero che mi sedessi al tavolo per negoziare. Ma siamo onesti: chi mai negozia con quattro gatti che ti fissano in silenzio?
Così ho fatto quello che qualunque umano ragionevole avrebbe fatto nella mia situazione: ho fatto un passo indietro, ho preso una ciotola e ho servito le crocchette. La riunione è ripresa subito dopo, nel massimo silenzio, come se fossi diventato una semplice comparsa nella loro casa.
Insomma. Ho capito. Non sono proprietario. Sono inquilino. E i miei padroni… hanno i baffi.