01/11/2025
DIALOGO SILENTE TRA ME E CAMERUN
( il mio buon segugio )
La scena è priva di parola ma piena di linguaggio: lo sguardo e il respiro diventano una grammatica densa, una poesia che non dice ma si fa sentire.
Camerun, Cam per gli amici ed io, due anime spezzate che hanno imparato a riconoscersi tra i coni d’ombra della vita.
Io osservo i tuoi occhi grandi, porte aperte su una tempesta di fame sete paura; non chiudo gli occhi li lascio abitare la mia notte perché non sia più sola
Tu Cam rispondi con un sospiro, la coda che si posa, una zampa che cerca la mia mano, una lacrima silenziosa che brilla sul margine delle palpebre; è poco eppure per me è tutto.
Nei tuoi occhi ho visto la sofferenza di quel vuoto chiamato casa, di quel freddo che non ha bisogno di inverno per gelare il respiro; eppure arrivi tu, improvvisa serenità tra le schegge della memoria, una fessura di sole che tenta di scalfire la muffa stantia del passato
Il tempo scorre senza fretta ma ha una grammatica segreta di passi, di orecchie in ascolto, respiri che si comprendono; io cammino con te, tu trotti, con passo ormai incerto per l’età, al mio fianco.
Non esiste gerarchia, solo una reciprocità che si nutre di carezze offerte senza chiedere nulla in cambio
Tu segni il terreno con una zampa, forse una mappa per tornare a un tempo più semplice quando tutto era più facile, più custodito.
Ti accarezzo il pelo non per comandare ma per offrire una presenza che sia costanza, una luce nel buio che non si spenga.
Non siamo due creature separate ma una sostanza spezzata che, unita, ha imparato a cantare in dialetto muto; se la notte ci stringe ascoltiamo insieme i nostri battiti, il tuo e il mio
Cam posi il muso sul mio ginocchio io la fronte sulla tua, due pendoli che cercano di non cadere; il mondo intorno scorre ma non ci travolge, percepiamo solo respiro e calore, il tacito accordo di andare avanti, di proseguire assieme.
Io penso cosa significa esser stati abbandonati se non esser divenuti capaci di abbracciare l’altro come fosse casa.
Tu pensi cosa significa essere stati trovati se non custodire l’altro come parte stessa di te.
Così fianco a fianco percorriamo i sentieri che la vita ci concederà, non cerchiamo applausi ma due occhi che si capiscono, due silenzi che si tengono, due respiri che si intrecciano, come una corsa tra le correnti di un fiume che si biforca in due rami a formare un delta.
Ogni pausa è una promessa, ogni respiro una favola creduta, senza bisogno di parole. Quando poi la pioggia cade ci avvolge ma non ci separa, diventa parola, voce che dice che siamo stati qualcuno, insieme, prima ancora di parlare
E noi andiamo, passo corto cuore grande, verso un orizzonte che potrebbe promettere tutto o nulla ma che ci offre la possibilità di esorcizzare, ancora assieme, la sofferenza che ora è soltanto una parola accantonata.
Se un giorno ci scambieremo una parola ricordiamoci che non serve, siamo già una lingua perfetta, scritta in sguardi e pensieri, in un dolce patto di respiro che più non teme né trema.