24/11/2025
Una sequenza nel Tempo: le immagini di una giornata all’Ippodromo di Tor di Quinto sulla via Flaminia tra il pubblico dell’Ottocento
Le fotografie del 1894 che ritraggono una giornata di corse e parate militari all’ippodromo di Tor di Quinto restituiscono un’immagine vivida e sorprendentemente raffinata della Roma di fine Ottocento. Nelle immagini si colgono le carrozze che affluivano lungo i viali della campagna romana, quando l’automobile ancora non esisteva in città e lo spostamento era esso stesso un rituale sociale. Le tribune e i prati intorno al percorso erano popolati da donne eleganti, con abiti chiari, cappellini ornati e gesti misurati, da bambini vestiti a festa che guardavano incuriositi gli ufficiali, e da uomini in cilindro, con baffi curati e abiti impeccabili. L’ippodromo, in quelle giornate, appariva come un crocevia di mondanità, spirito sportivo e presenza militare: un luogo dove la capitale mostrava la propria anima aristocratica e moderna al tempo stesso. Queste fotografie non solo documentano un ambiente oggi scomparso, ma permettono di percepire direttamente la cornice culturale e sociale nella quale nacque, pochi anni dopo, la celebre Scuola di equitazione di campagna di Tor di Quinto, destinata a diventare un riferimento internazionale. Pochi decenni dopo l’Unità d’Italia, la cavalleria militare avviò un processo di modernizzazione che portò a una nuova concezione dell’equitazione, progressivamente orientata verso la pratica di campagna. A questa trasformazione contribuì inizialmente Giulio Cesare Paderni, ma fu soprattutto l’opera di Federico Caprilli a rivoluzionare l’intera disciplina. Caprilli, spirito anticonformista e geniale innovatore, elaborò un “sistema naturale” basato su un assetto avanzato nei salti, sull’uso leggero della mano e su un rispetto radicale dell’equilibrio naturale del cavallo. Le sue intuizioni trovarono terreno ideale nel nuovo “Corso complementare di equitazione di campagna”, creato nel 1891 presso Tor di Quinto allo scopo di perfezionare gli allievi di Pinerolo. Il paesaggio vario dell’area – alture tufacee, valloncelli, marrane, ponticelli e ampi prati – offriva condizioni perfette per sperimentare il cross-country riding. Proprio qui Caprilli perfezionò la spettacolare tecnica della discesa ripida, il celebre “muro”, destinato a diventare un simbolo della scuola. L’ambiente romano, inoltre, favoriva un dialogo continuo con la società mondana: gli ufficiali partecipavano alle cacce alla volpe organizzate dall’aristocrazia e agli eventi sportivi dell’ippodromo, entrando in contatto con cavalieri stranieri e con un pubblico che seguiva con crescente curiosità l’evoluzione della cavalleria italiana.Il corso inaugurale del 1891-92, pur segnato dall’incidente ferroviario di Ponte Galeria che costò la vita a sette cavalli, fu portato avanti con fermezza e vide la partecipazione di ufficiali già avvezzi alle corse e alle esercitazioni militari. Negli anni successivi la struttura si ampliò, superando il centinaio di cavalli e accogliendo più sessioni annuali di allievi. Tor di Quinto divenne presto un modello di eccellenza: i progressi degli ufficiali erano evidenti non solo nella pratica militare, ma anche nelle competizioni sportive, dove gli italiani cominciavano a imporsi nelle steeple-chase europee. Caprilli, con le sue vittorie nei percorsi ad ostacoli, dimostrò che la cavalleria italiana poteva competere a livelli internazionali, attribuendo al nuovo metodo un prestigio sempre maggiore. L’interesse non rimase confinato ai confini nazionali. Delegazioni francesi, tedesche e di altre accademie europee visitarono Tor di Quinto per studiarne il metodo e osservare gli esami finali, spesso alla presenza del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena. Riviste italiane e straniere pubblicarono immagini delle discese dal “muro Caprilli”, paragonandole alle tecniche più rigide delle scuole tradizionali. Nel primo decennio del Novecento, il “sistema naturale” era ormai riconosciuto come la base della moderna equitazione di campagna. Con il passare degli anni la scuola accrebbe ulteriormente il suo prestigio: l’ippodromo militare consolidò il proprio ruolo nell’ambiente sportivo romano, mentre nuove competizioni – come il Campionato Italiano del Cavallo d’Arme – contribuirono alla nascita del moderno completo olimpico. Molti ufficiali formatisi a Tor di Quinto divennero protagonisti dell’equitazione italiana anche dopo la Prima guerra mondiale. La scuola, pur colpita dalla crisi di materiali e cavalli dovuta al conflitto, riuscì a mantenere continuità e autorevolezza fino agli anni Trenta, periodo in cui le visite di principi, delegazioni estere e alte cariche militari confermarono il suo status internazionale. La fine arrivò improvvisamente dopo l’8 settembre 1943: lo scioglimento dell’esercito comportò la chiusura quasi immediata sia di Pinerolo sia di Tor di Quinto. Dopo quarantatré anni di attività, la celebre scuola romana cessò di esistere, lasciando un’eredità fatta di competenza tecnica, esperienze internazionali e un metodo equestre destinato a influenzare il mondo intero. Nel dopoguerra il patrimonio equino era quasi scomparso e gli ufficiali esperti erano pochi; ciononostante, grazie agli sforzi della FISE e del CONI, l’Italia riuscì a tornare alle Olimpiadi e, negli anni Cinquanta e Sessanta, a raggiungere nuovi traguardi sportivi. La chiusura definitiva delle scuole militari fu considerata da molti un grave errore: nessuna struttura seppe sostituire pienamente Tor di Quinto, che rimane ancora oggi un luogo simbolico della storia dell’equitazione italiana. Le sue tradizioni sopravvivono soprattutto nel “sistema naturale” di Caprilli, nella pratica moderna del cross-country e nelle immagini come quelle del 1894 che mostrano un mondo elegante, appassionato e profondamente legato al cavallo. Un mondo che Tor di Quinto contribuì a costruire e che continua a vivere nella memoria dell’equitazione internazionale.