
06/08/2025
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“There is nothing more familiar among us than the dog, our faithful friend and constant companion.”
– Dr Johannes Caius, Of Englishe Dogges, 1576
Nel pieno del regno elisabettiano, mentre l’Inghilterra si affermava come potenza navale e Shakespeare cominciava a farsi notare, un medico di corte trovava il tempo di classificare i cani. Il dottor Johannes Caius – latinizzazione di John Keys – non si limitò a curare l’aristocrazia: nel 1570 scrisse De Canibus Britannicis, poi tradotto in inglese nel 1576 col titolo Of Englishe Dogges. Era il primo trattato sistematico in lingua inglese dedicato ai cani.
Caius non parlava di razze come le intendiamo oggi. Parlava di tipi funzionali, raggruppati in base al lavoro: cani da caccia a vista, da caccia a fiuto, da guardia, da pastore, da compagnia. Descriveva i comportamenti, i contesti in cui venivano usati, persino il modo in cui i contadini li chiamavano. Alcune delle categorie da lui individuate sono ancora riconoscibili oggi, anche se la selezione moderna ha moltiplicato le forme e i nomi.
È interessante notare come gli inglesi, più di altri popoli europei, abbiano trasformato quell’intuizione in una vera e propria scienza. Tra XVIII e XIX secolo hanno creato i primi kennel club, definito standard, organizzato esposizioni e tracciato genealogie. La cultura della razza, con tutto ciò che comporta nel bene e nel male, nasce proprio lì.
Il lavoro del dottor Caius non era un esercizio di stile, ma l'inizio di un discorso lungo secoli. Se oggi un cane può essere classificato fino alla settima generazione, lo dobbiamo anche a un medico del XVI secolo che, tra un’operazione chirurgica e un consulto con la regina, ha trovato il tempo di mettere ordine nel mondo canino.