
21/07/2025
https://www.facebook.com/share/p/15nLcRQ7Sd/
Nel dicembre del 1983, in un centro di ricerca californiano, una gorilla di nome Koko fece un gesto che commosse il mondo. Non parlava, almeno non come noi, ma sapeva comunicare con il linguaggio dei segni. E quel giorno, durante le festività natalizie, fece una richiesta sorprendente: voleva un gatto. Non un giocattolo, non un regalo qualunque… ma un compagno vivo, vero.
I suoi custodi, colti alla sprovvista, pensarono di accontentarla a modo loro. Le portarono un peluche, morbido, piccolo, che somigliava a un gattino. Koko lo prese tra le mani, lo osservò per un lungo momento, poi alzò lo sguardo e con le dita segnò una sola parola: “triste”.
Era chiaro che quel pupazzo non bastava. Lei non cercava un oggetto, cercava un legame.
Fu così che, mesi dopo, nel giorno del suo compleanno, il 4 luglio 1984, i ricercatori tornarono da lei con una sorpresa vera: una piccola scatola che si muoveva. Dentro, una cucciolata di gattini.
Koko si avvicinò lentamente, con la delicatezza che solo chi comprende la fragilità della vita può avere. Li guardò tutti, uno per uno, e infine scelse lui: un gattino grigio e bianco, senza coda. Lo prese tra le braccia e lo battezzò con un nome curioso e tenero: All Ball.
Da quel giorno, nacque una delle amicizie più toccanti che si ricordino tra due specie diverse. Koko e All Ball divennero inseparabili. Lei lo coccolava, lo portava in braccio, lo rimproverava con dolcezza quando era troppo vivace, lo accarezzava con movimenti lenti, pieni di affetto.
Non era una relazione nata da un esperimento, ma da un sentimento autentico: amore.
Eppure, come spesso accade nelle storie vere, anche questa conobbe il dolore.
All Ball morì pochi mesi dopo, in un tragico incidente. Quando i custodi comunicarono a Koko la notizia, lei rimase immobile. Poi, lentamente, come se ogni gesto le costasse fatica, fece alcuni segni con le mani:
“Triste. Piangere. Gatto. Addio.”
Poi si rannicchiò in silenzio, e pianse.
Non era una reazione istintiva. Era lutto, vero. Era dolore.
Era amore che non sapeva dove andare.
Quello tra Koko e All Ball non fu solo un legame commovente: fu una rivoluzione silenziosa.
Perché ci costrinse a guardare gli animali con occhi diversi.
A riconoscere che la capacità di amare, di soffrire, di creare legami profondi, non è un privilegio esclusivo degli esseri umani.
Koko è morta nel 2018, ma la sua storia vive ancora.
Ci ha lasciato molto più che un’eredità scientifica: ci ha lasciato una lezione sul cuore.
E ci lascia anche con una domanda che fa riflettere:
Chi siamo davvero, se perfino gli animali sanno amare meglio di noi?