20/10/2021
Le molecole della cannabis: ; ; e
L’aspetto che probabilmente più è stato trascurato, per quanto molto interessante, in relazione agli studi compiuti sulla cannabis è il contenuto di acidi grassi della pianta stessa. Benché in occidente, ed in in particolare (regione da sempre grande produttrice di fibre di , e dunque anche di grandi quantità di materiale vegetale di scarto es. foglie e piccoli rami) la cannabis sia stata per lungo tempo utilizzata come fresco scarseggiano ad oggi studi relativi alla composizione nutrizionale di tale prodotto, nonostante sia interessante sia per contenuto di grassi che di proteine. In particolare la biomassa da noi utilizzata è composta da piccoli fiori e foglie miscelati e triturati appartenenti alla varietà coltivata per conto del Centro Operativo Sviluppo Canapa del Sud . Dalle analisi eseguite su tali (bisogna sempre tener conto che la stessa pianta coltivata in zone diverse può subire certe variazioni nei propri componenti chimici) è emerso che i componenti principali sono + (69.8%, di cui il 48.0% di soli PUFA) rappresentati in particolare da (18:2) per il 34,9%; (18:1) per il 19,7% ed (18:3) per il 12,6% (Piovesana et al. 2021). Va sottolineato che varietà diverse di cannabis hanno prodotto risultati nella composizione acidica molto diversi, per cui sarebbe interessante approfondire gli studi relativi alla miglior varietà da utilizzare in ambito . Tali risultati sono di per sé comparabili a quelli ottenuti da altre piante normalmente utilizzate come foraggio, con la differenza che in questo caso si tratterebbe di uno “scarto” derivante dalla produzione di fibra tessile o di fiori da consumo umano od ancora di talee di produzione vivaistica, e dunque un alimento che avrebbe la doppia valenza di presentare un ottimo valore nutrizionale e di essere un recupero di materiale che dovrebbe altrimenti essere smaltito o destinato ad altro uso.
Posto dunque che la cannabis potrebbe essere una buona alternativa alle più diffuse foraggere, sia per valore nutrizionale che per facilità di coltivazione, esistono una varietà di composti, i cosidetti (Plant Secondary Compounds), che rendono ancor più interessante l’utilizzo di tale pianta nell’ambito dell’alimentazione zootecnica dato che contribuiscono in modo più o meno diretto alla composizione acidica del latte ed al benessere stesso dell’animale.
I PSCs in realtà sono naturalmente presenti nelle piante, in cui svolgono ruoli collegati alla difesa dai parassiti, alla riproduzione ed alla adattabilità ambientale. La particolarità della cannabis sotto questo aspetto è che, involontariamente, la selezione per il consumo “umano” incontra quella di interesse zootecnico: considerando infatti che la selezione artificiale delle piante di Cannabis, indipendentemente da sottospecie e varietà, è generalmente volta ad ottenere un prodotto che sia più “appetibile” agli occhi del consumatore umano, gli sforzi dei coltivatori sono da anni indirizzati all’ottenimento di un aspetto migliore del fiore ed un odore specifico. Ciò ha fatto sì che venissero selezionate varietà con colori particolari, tendenti all’arancione, al viola od al blu con un bouquet aromatico tra i più vari che esistano in natura.
I terpeni ed i che dunque abbondano nella cannabis (in particolare nelle infiorescenze) oltre ad essere le molecole che strutturano aroma e colore dei fiori e dei frutti, sono in grado di proteggere i grassi dall’ossidazione (Harborne J. B. et al. 1986) e di trasferire le caratteristiche aromatiche ed organolettiche al latte (Tornambè G. et al. 2006) e, come emerso da recenti studi, influenzano positivamente la concentrazione di acidi grassi “nobili” nel latte stesso (Poulopoulou et al 2019), tanto da arrivare a supporre che di fatto la maggior quantità di grassi totali ed in particolare l’aumentata concentrazione dei cosidetti acidi grassi “buoni” (acido ; ) nei pascoli di montagna laddove paragonati ai pascoli di pianura sia legata proprio al maggior contenuto di terpeni dei primi rispetto ai secondi (Leire Bravo-Lamas et al. 2018), risultati confermati anche dalle valutazioni effettuate su latti di diverse razze di vacche (valdostana, montbeliard e frisona, a conferma del fatto che l’alimentazione conti più della razza nella qualità del latte) allevate in montagna ed in pianura (Koczura M. et al. 2021).
Tra i principali composti chimici presenti nella pianta di cannabis il CBD (ovverosia il ) sta acquisendo un ruolo di sempre maggior rilievo essendo una sostanza utilizzata (isolato od insieme alle altre molecole presenti nella cannabis in composti definiti “full-spectrum”, in cui si sfrutta il cosiddetto effetto entourage) per molteplici scopi: rilassante; anticonvulsionante; antiossidante; antinfiammatorio (Lutz et al. 2015; Goldstein Ferber S. et al. 2020;). Nel campo della zootecnia e dunque degli animali da reddito non solo i summenzionati effetti potrebbero avere un riscontro positivo relativo alla riduzione dell’uso di farmaci di sintesi ma potrebbe essere una chiave per diminuire i livelli di degli animali, in primis di quelli allevati in sistemi intensivi, in modo che essi siano più sani e che possano produrre meglio ed in maggior quantità. Un animale più tranquillo è di fatto un animale che si ammala di meno e che produce di più, a sostegno di questa ipotesi non mancano le evidenze scientifiche secondo le quali lo stress è direttamente collegato con la riduzione delle produzioni (West 2003; Smith et al. 2013; Collier et al. 2017) l’alterazione del profilo acidico del latte in favore degli SFA (Liu Z. et al. 2016) e la diminuzione di lattosio (Mehdid A. et al. 2019; Salama A. et al. 2020).