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07/07/2025

ll cane tenuto fuori in giardino non sta bene. Sopravvive. E lo fa male.
Non si tratta di un’opinione, ma di una valutazione comportamentale, clinica ed etologica fondata. Negli ultimi anni, il dato è diventato sempre più chiaro: escludere il cane dal contesto domestico, impedirgli l’accesso alla casa e relegarlo in uno spazio esterno, indipendentemente dalla metratura o dalla qualità dello stesso, genera un danno. Sempre.

Il cane non è un animale solitario, e non è stato selezionato per vivere come presenza marginale attorno alla famiglia umana. È un animale sociale, affiliativo e cooperativo. La sua evoluzione è profondamente intrecciata con la nostra. Vive per appartenenza, per relazione, per comunicazione. Escluderlo dalla casa significa togliergli proprio quella dimensione per cui esiste: stare con l’uomo.

Tenere un cane in giardino, senza accesso regolare e condiviso alla casa, significa ridurlo a un sopravvissuto emotivo. Non ha riferimenti interni, non ha stabilità, non ha guida. Si muove tra stimoli esterni che non può decodificare, senza nessuno che gli spieghi cosa osservare e cosa ignorare. Vive come presenza periferica, come guardiano frustrato, come osservatore attivo ma escluso. E questo modello, che ancora molti ritengono accettabile, non ha alcun fondamento né educativo né relazionale.

Il più grande alibi culturale è questo: “sta fuori perché fa la guardia”. È una giustificazione fragile, ripetuta per abitudine più che per ragionamento. Un cane che vive sempre fuori non protegge nulla: reagisce, si agita, abbaia, spesso a vuoto. Non distingue un pericolo reale da un rumore insignificante. Non ha filtri, non ha discernimento. Quello che chiamiamo “fare la guardia” è quasi sempre una condizione di iperattività reattiva, di ipervigilanza cronica, che consuma il cane emotivamente. Un cane che si sente costantemente in allerta non è un cane funzionale: è un cane in ansia.

E i danni sono visibili. La letteratura comportamentale è piena di evidenze in tal senso. I cani tenuti costantemente fuori, senza vita relazionale condivisa, sviluppano con grande frequenza stereotipie motorie, come il girare in tondo o lo scavare compulsivo. Perdono la capacità di rilassarsi. Dormono male. Reagiscono con impeto a qualunque stimolo. Non imparano. Non ascoltano. Non si affidano. Alcuni diventano apatici. Altri diventano aggressivi. Tutti, però, si disconnettono. Perché vengono tenuti ai margini, trattati come cani “da fuori”, come elementi separati.

Poi c’è l’altro luogo comune: “almeno ha spazio, ha il giardino, può correre”. Come se lo spazio fosse un sostituto della relazione. Ma lo spazio non è relazione. Non è comunicazione. Non è appartenenza. Un cane può avere duecento metri quadri e sentirsi comunque solo, deprivato, insicuro. Se quello spazio non è condiviso con la sua figura di riferimento, se non c’è coinvolgimento quotidiano, se il cane non entra mai nella casa e nella routine della famiglia, allora il giardino non è un luogo di libertà. È una prigione silenziosa. È un’area esterna dove il cane si auto-regola, si iperstimola, e lentamente si disconnette.

E così, giorno dopo giorno, quel cane che doveva fare “la guardia” si trasforma. Diventa, nel senso più tragico e concreto del termine, un nano da giardino vivente. Una figura presente, che abbaia e si muove, ma che non fa parte di nulla. Non vive con. Sta fuori. Attorno. Invisibile. Inascoltato. Mai dentro.

Il problema, a questo punto, non è più solo gestionale. È culturale. È nel modo in cui concepiamo ancora oggi la presenza del cane nella nostra vita. Finché continueremo a credere che “tenerlo fuori” sia normale, continueremo a produrre animali disfunzionali e famiglie frustrate. Il cane lasciato fuori non è un errore episodico. È un sintomo. Di una cultura arretrata, sbagliata, che fatica ad evolvere.

Non basta dargli da mangiare.
Non basta portarlo dal veterinario.
Non basta dire “gli voglio bene”.

Un cane ha bisogno di essere parte del gruppo. Di stare dentro. Di vivere con. Di essere incluso nella routine, nei ritmi, nelle giornate, nelle pause e nei silenzi.
Ha bisogno di una figura di riferimento, di guida, di relazione continua.
Ha bisogno di appartenere.

Finché non comprenderemo davvero questo passaggio, continueremo a sbagliare tutto il resto.

Fammi sapere se vuoi anche una versione breve per introduzione o caption, oppure se desideri che diventi parte di un manuale o protocollo formativo.

L. Caputo









DA PRENDERE COME ESEMPIO❣️
27/06/2025

DA PRENDERE COME ESEMPIO❣️

“Lucio, chi è il cane in foto?”
“Lei non è il mio cane, è mia sorella” ❤️
- Lucio Corsi

25/06/2025

❌️ TRIBUNALE DI FERMO❌️
maxi risarcimento di 45mila euro per l'uccisione di Keeran 🎉🎉🇮🇹🇮🇹
Questa decisione epocale e molto coraggiosa segna un precedente nelle pronunce di merito riguardo il risarcimentoper la perdita degli animalida affezione.
❤️🐾⚠️Anche il dolore per la morte di un animale va risarcito ⚠️❤️🐾

"Lo sparo e la morte.
Era una mattina d’inverno a Torchiaro, frazione di Ponzano di Fermo. Il sole scaldava l’erba secca mentre Keeran correva nel terreno di casa insieme agli altri cani. Un’esplosione improvvisa, poi il silenzio. Un colpo di fucile ha colpito Keeran in pieno petto. Il proiettile gli ha provocato una ferita di cinque centimetri, uccidendolo sul colpo.
Il cacciatore, in battuta nella zona, ha dichiarato di averlo scambiato per un cinghiale. Nessun preavviso nessuna segnalazione della caccia in corso. Una superficialità pagata a caro prezzo: il giudice onorario ha stabilito un risarcimento danni superiore ai 45mila euro, più le spese legali, a carico dell’assicurazione del cacciatore.
Avevo perso ogni speranza.
educatrice cinofila originaria di Udine e trasferitasi nelle Marche per dedicarsi completamente ai suoi otto cani, ha vissuto un lungo percorso giudiziario e personale. Dopo l’archiviazione in sede penale – che avrebbe comportato anche il ritiro del porto d’armi – aveva perso fiducia.
Non ci speravo – racconta al Corriere Adriatico – avevo vissuto come una seconda morte l’archiviazione in sede penale del caso, che avrebbe anche comportato il ritiro del porto d’armi.
Serve più responsabilità nella caccia.
Oltre alla sofferenza per la perdita, la condanna assume un valore simbolico perché un “animale è di fatto un membro della famiglia” spiega Bertolutti che lancia un appello al mondo venatorio: “Spero che questo pronunciamento sia utile a sensibilizzare chi pratica attività venatoria ad una condotta più responsabile. Non si può usare un’arma con quella superficialità. Ogni anno capitano tanti, troppi incidenti in tutte le regioni, muoiono animali e persone per la superficialità di chi usa un'arma." ( in foto keeran e la sua proprietaria)

13/06/2025
11/06/2025

L'estate e' alle porte, sono gia' capitati i primi colpi di calore e si preannunciano sbalzi termici con temperature in aumento.
Vi invitiamo a seguire sempre il buon senso e semplici accorgimenti per evitare di far stare male i nostri amici a quattro zampe.
NON lasciateli MAI chiusi in auto.
Se vi capitasse di vedere un cane chiuso nell'abitacolo segnalate immediatamente agli organi competenti.

Prendete esempio dai due giovani 💞
10/06/2025

Prendete esempio dai due giovani 💞

🎉🎓 L'ANNO SCOLASTICO È FINITOOOO!!! 🎉🎓
E i nostri ragazzi 🦸‍♂️🦸‍♂️ MATTIA e NICOLA sono subito corsi in canile per dare una mano!!! 🐾❤️

🧹 Dopo un bel po’ di pulizie… via tutti a fare un giretto all’aria aperta! ☀️
Eccoli qui 👉 Alberto e Linda 🐶🐶 che si godono la loro meritatissima passeggiata!!! 🥰🌳

🙏 GRAZIE ragazzi… in un mondo pieno di cattiveria 😔, momenti come questi ci riempiono il cuore 💖 e ci ricordano che c’è ancora speranza nel futuro! ✨
Siete davvero dei GRANDISSIMI!!! VI VOGLIAMO BENE 🔝🔥👏

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La nostra storia....

L'Oasi di Mirabello Sannico ha una lunga storia alle spalle iniziata circa 25 anni fa, quando ancora una legge imponeva dopo 8 giorni la soppressione dei cani se nessuna li reclamava.

Il desiderio di adottarne uno spinse Rosaria a visitare il canile di Campobasso, dove trovò 4 cagnolini, tra i quali due in attesa di cuccioli. Non sapendo quali scegliere decise di prenderli tutti e quattro, salvandoli cosi dall'eutanasia. Durante il tragitto verso casa nella macchina di Rosaria nacquero 4 bellissimi cuccioli che sistemò in un terreno acquistato appositamente. Dopo aver ottenuto il permesso da parte del sindaco di Mirabello costruì le cucce per i cani che ben presto divennero 15.

Intanto anche l'USL si occupava presso una struttura sul territorio di cani abbandonati, ma essendo diventati un numero significativo chiesero a Rosaria se poteva momentaneamente ospitarne alcuni nel suo terreno. Divennero così 650 cani. Una cooperativa incaricata dall'USL si occupò per 1 anno di questi cani fornendo cibo e accudimento. Dopodiché la cooperativa si sciolse e Rosaria si trovò da sola ad accudire e mantenere i cani che nel frattempo erano aumentati a 850. Abbandonata dalle istituzioni fu costretta a vendere ciò che possedeva per provvedere al mantenimento del canile. Durante gli anni Rosaria vendette la casa al mare, la casa in campagna, 2 appartamenti a Campobasso, oggetti di valore, quadri e tappeti.