13/02/2025
Ok lacrime a fiumi
Una gatta rubò un pesce in cucina e la padrona di casa le ruppe un ma**co di scopa addosso. La gatta cadde a terra, contorcendosi, cercando di riprendere fiato.
— Ladra! Fuori di casa mia! — gridò la donna, furiosa.
La gatta non riuscì a correre perché le sue zampe non la sorreggevano, così si trascinò via, ansimando, sentendosi sconfitta per non essere riuscita a portare cibo al suo piccolo.
Si rifugiò in un vicolo buio, dove il suo cucciolo miagolava piano, il corpicino magro tremante per la fame e bagnato dalla rugiada della notte.
Quando vide sua madre tornare senza il pesce, i suoi occhietti innocenti si riempirono di lacrime.
— Mamma, hai detto che avresti portato il pesce. Ho fame!
La gatta sentì un nodo alla gola e gli sorrise forzatamente, per non fargli notare che era ferita.
— Perdonami, amore mio… Ma ti prometto che non permetterò mai che tu muoia di fame.
Ma ormai la casa in cui vivevano prima era chiusa ermeticamente. Porte con la chiave, finestre sigillate. Non c’era modo di tornare indietro.
Così la gatta si mise a trascinare il suo piccolo sui marciapiedi della città, attraverso la rugiada della notte fredda. Non aveva idea di cosa fare da quel momento in poi.
Senza altra scelta, la madre mise il piccolo sotto alcuni cartoni su un marciapiede e gli disse:
— Aspettami qui. La mamma andrà a cercare cibo.
Ma quando si voltò, lo fece per sempre. Non aveva modo di mantenerlo.
Ogni volta che cercava di rubare qualcosa, la picchiavano. Per non morire di botte, decise di abbandonarlo.
Il gattino, sempre più debole per la fame, quando si rese conto che sua madre non sarebbe tornata, riempì gli occhi di lacrime e iniziò a miagolare piano, con il miagolio della rassegnazione e della paura, perché sapeva che la sua fine era ormai segnata.
Ma poi, un’ombra si avvicinò. Una mano umana gli porse un pezzo di pane.
— Ehi, piccolino… Hai fame?
Era un giovane dallo sguardo gentile. Il gattino annusò il pane e, nonostante la debolezza, lo divorò tutto d’un fiato. Il ragazzo sorrise e lo portò a casa con sé.
Nel suo nuovo rifugio trovò un letto caldo e cibo abbondante. Pizza, pane, mortadella, sardine… Tutto ciò che non aveva mai avuto.
Ma la notte, quando tutto era silenzioso, le sue lacrime bagnavano il suo viso. Ricordava sua madre, la crudeltà che aveva subito, e sperava ancora che un giorno tornasse.
Passarono quattordici giorni, e ogni notte guardava fuori dalla finestra, aspettandola. Fino a quando, un giorno, mentre camminava per strada, sentì grida disperate.
Corse e vide tre cani che attaccavano una gatta magra e malridotta.
— Vi prego! — supplicava lei. — Ho un figlio da crescere!
Il cuore del gattino iniziò a ba***re forte. Sarà mia madre?
Si lanciò sui cani e lottò con tutte le sue forze insieme a quella gatta scheletrica, finché riuscirono a scacciarli. La gatta si rannicchiò, spaventata. Lui la guardò negli occhi e la riconobbe.
— Perché mi hai abbandonato, mamma?
— Mi avevi promesso che non mi avresti lasciato morire di fame e invece mi hai lasciato su un marciapiede a morire da solo.
La gatta abbassò la testa.
— Figlio, credimi. Non ti ho mai abbandonato.
Il gattino sentì il terreno mancargli sotto le zampe e gridò, furioso:
— Bugia! Sei andata via e non sei mai tornata! Sono passati quattordici giorni, mamma! Quattordici giorni senza di te!
La gatta respirò a fondo.
— Figlio, sono tornata. Ma tu non eri più lì. Ho visto un umano portarti via. Ho visto che ti dava tutto ciò che io non potevo darti.
Guardò l’albero davanti alla casa del giovane e disse:
— Vi ho seguiti. E da allora, ogni notte sono salita lì e ti ho osservato dalla finestra. Quattordici volte sono salita sull’albero. Quattordici volte ti ho visto stare bene.
Furioso, il gattino si voltò e disse:
— Bugiarda!
E tornò a casa, lasciando sua madre in strada. Ma una volta arrivato, una tortora si posò sul ramo dell’albero davanti alla sua casa. Salì per catturarla e, arrivato sul primo ramo, vide qualcosa che gli spezzò il cuore.
C’erano quattordici segni delle unghie di sua madre. Per quattordici giorni, ogni notte, lei era salita su quell’albero, vegliando su di lui dalla finestra, osservandolo mentre mangiava e riceveva affetto dall’umano.
Il gattino corse indietro e abbracciò sua madre, perdonandola.
Per la prima volta, la vide piangere. Mai prima d’ora l’aveva fatto. La picchiavano mentre cercava di rubare il cibo per lui, ma non aveva mai pianto.
Ma questa volta, le sue lacrime erano di amore e gratitudine nel vedere suo figlio sano e al sicuro.
Non dubitare mai dell’amore di una madre. Non dubitare mai quando ti dice che ti ama, perché non esiste amore più grande di quello di una madre.
Condividi questa storia. Molti figli hanno bisogno di ascoltarla. Molte madri meritano di essere riconosciute.