
10/06/2025
Si guardano intorno con quegli occhi pieni di una paura antica. Non una paura violenta, no… una paura discreta. Silenziosa. Quella che resta quando si è cambiato posto troppe volte. Quando non si è mai saputo se il prossimo essere umano sarebbe stato quello giusto.
Sono usciti dal canile pochi giorni fa. Erano insieme lì, sempre stretti uno all’altro in un angolo della gabbia. Due corpicini, due piccole anime che si aggrappavano l’una all’altra come a una scialuppa di salvataggio. Nessuno voleva separarli. Si capiva subito: se avessero perso quel legame, si sarebbero spenti.
Così li ho presi. Tutti e due. Perché non si adotta mezzo cuore.
Da allora hanno una cuccia tutta per loro. Morbida, calda, tranquilla. Ma restano ancora lì, raggomitolati in un angolo, con lo sguardo rivolto verso di me, come se da un momento all’altro li riportassi indietro. Come se aspettassero l’auto. Il ritorno. L’abbandono.
Non sanno ancora che questa è casa loro. Per sempre.
Non li forzo. Parlo loro con dolcezza. Passo spesso vicino a loro, lasciando sguardi, gesti teneri, senza pressione. Lascio loro il tempo. So che la fiducia, quella vera, non si impone. Si costruisce, giorno dopo giorno, nei piccoli dettagli.
A volte, uno dei due agita timidamente la coda. L’altro alza un orecchio quando apro la porta. Sono piccoli segnali. Semi di fiducia.
E io li guardo dormire insieme, proprio come in questa immagine. E mi faccio una promessa silenziosa: non torneranno mai più lì. Mai più. La loro vita di attesa è finita. Non lo sanno ancora, ma il peggio è passato.
Ora tocca a me curarli. Ai loro ritmi. Con pazienza. Con amore.
E un giorno, lo so… si alzeranno insieme, con la coda alta, il cuore leggero.
Capiranno.
Finalmente.
Sono a casa.