26/04/2025
Oggi stavo tagliando l'erba in cortile. Dove vivo io è abbastanza isolato e sperduto per essere stupito nel vedere passeggiare qualcuno. Due donne e un uomo, dopo essere passati davanti all'apiario di casa, si fermano, mi sorridono e mi chiedono del miele. Io non vendo miele a casa. Ogni volta che succede, con poche e insufficienti parole cerco di spiegare il motore di tutta la mia vita professionale. Ne viene fuori quasi sempre una cosa che credo sia surreale alle orecchie di chi la ascolta.
L'incontro passa, ma io rimango a pensare. Penso a quanto sia difficile spiegare il legame che c'è tra un apicoltore e le sue api, quanto sia totalizzante questa relazione e quanto spesso possa diventare quasi tossica per chi la vive senza trovare un equilibrio. Penso anche a come tutto sia cambiato così velocemente: solo 15 anni fa a pochi importava quale genetica ci fosse nei loro alveari, e senza troppe attenzioni il miele riempiva i melari.
Adesso, mentre taglio l'erba, penso a quali combinazioni posso fare per intensificare e mantenere i caratteri positivi di una linea piuttosto che un'altra. Taglio l'erba e penso che dovrei diminuire i progetti e le prove che voglio fare quest'anno, ma le stagioni con le api sono troppo brevi per rinunciare a qualche inseminazione in più o a qualche prova. L'inverno produce domande e la stagione reclama risposte.
Taglio l’erba e intanto penso a quanto tutto questo sia diventato, senza che me ne accorgessi, molto più di un lavoro. È una specie di ossessione gentile, che mi tiene sveglio la notte ma mi dà anche un motivo per alzarmi la mattina. Le api sono diventate il mio modo per leggere il mondo: capisco se la primavera è davvero arrivata osservando i voli delle api, sento il peso delle stagioni nei silenzi dell’apiario.
A volte mi chiedo se chi mi guarda da fuori riesca a intuire questa dimensione. Quando mi vedono con la testa infilata in un’arnia o mentre marco una regina con un bollino, pensano forse che io stia semplicemente lavorando. Ma in quei gesti, così piccoli e lenti, c’è tutta la mia ricerca di equilibrio, la mia lotta con l’incertezza e anche un bisogno di bellezza.
Quel pensiero che mi hanno lasciato i tre sconosciuti continua a ronzarmi in testa. Forse avrei potuto invitarli a entrare, fargli vedere le api da vicino, raccontargli qualcosa. Ma ogni volta ho il timore di dire troppo o troppo poco, e allora mi chiudo in quel silenzio che solo chi vive immerso in questo mondo può capire.
Mi fermo un attimo. Spengo il tagliaerba. Il silenzio si riempie subito del suono dell’apiario: ronzii, voci minuscole e instancabili. Lì, in mezzo a quell’erba tagliata a metà, mi ritrovo a pensare che forse non serve sempre spiegare tutto. Forse alcune cose, come il miele vero, vanno solo assaporate.