Gino Panariello

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Gino Panariello animale domestico.

Come fai a non stimare  un uomo  che da teppista di strada passa a fondatore di una comunità per giovani in difficoltà ?...
22/03/2025

Come fai a non stimare un uomo che da teppista di strada passa a fondatore di una comunità per giovani in difficoltà ? Come fai a non ammirare un gigante i cui colpi sembrano lenti a fiacchi ma in realtà sbattono giù i muri?
Uno che, a un'età in cui nessuno punterebbe un solo centesimo su di lui...PUF! Ti diventa campione del mondo dei pesi massimi? Come fai? Semplice : non puoi.
Al coraggio di chi, all' elemosinare soldi necessari alla sua fondazione,
preferisce darsi da fare e rimettersi in gioco su un ring di pugilato a 45 anni
dichiarando poi :-
" Decisi alIora di andarmi a guadagnare i soldi che ci servivano. Il pugilato è una professione onorevole. Mi dissi vai a guadagnarti quei soldi e rimani in pace"-
puoi solo portare rispetto.
Addio Big George.
La terra ti sia lieve.

16/02/2025

Scalo in verticale
superfici lisce che
fanno sanguinare le dita .
Non traggo insegnamenti da alcuna lezione.
Forse non sono così buono.
E neanche così saggio.
Spesso l'esperienza si limita a un totale:
quello dei tonfi al suolo.

30/01/2025

Certi miei giorni

sono il labiale fuori sincrono

di un film doppiato male .

Seduto qui

a guardarmi camminare

peso il disincanto

di un debito contratto per quel che non ho avuto.

E non c'è soluzione di continuità

nella frammentaria sequenza di auspici disattesi.

Anche la stanca consapevolezza

può essere una forma di forza.

Undici anni fa - come tutti i periodi in cui  non sapevo bene cosa fare di me - mi svegliavo alle 5  e andavo a correre,...
05/11/2024

Undici anni fa - come tutti i periodi in cui non sapevo bene cosa fare di me - mi svegliavo alle 5 e andavo a correre, fino a perdere il fiato , sulle colline attorno a . Poi tornavo a casa per prepararmi e andavo a lavorare.
Lungo la strada mi fermavo a bere il caffè e ammirare albe spettacolari come questa.
E pensavo ad Angelo
che aveva scelto di non avere più speranze;
pensavo a cosa avesse fatto scattare quella molla, a cosa avesse provato;
e se all'ultimo momento, quando già ormai era tardi si fosse pentito, se avesse avuto paura o fosse talmente disperato da non sentire più neanche quella.
E pensavo anche che, forse, se avesse avuto la possibilità di vedere un'alba come questa, non avrebbe deciso di farla finita.
Forse .
Poi risalivo in auto e andavo al lavoro.
Più confuso di prima.

03/11/2024

Adel era il figlio di un medico e lo conobbi quando, dopo anni, tornò dalla Gran Bretagna dove era stato -si diceva- per disintossicarsi dall'eroina. Adel aveva la particolare abitudine di parlare da solo o di scacciare, con un gesto della mano, i "mostriciattoli" che ogni tanto vedeva comparire sulle sue stesse sp***e o quelle del suo interlocutore. Perché, sì, erano riusciti a svezzarlo dall'eroina, visto che non l'aveva mai usata, ma gli acidi il loro danno l'avevano fatto.
Era un buon diavolo, Adel, a volte te lo ritrovavi di botto alle sp***e mentre sorridendo ti sussurrava "ciao, bruttone!".
Non era cattivo, era solo "bruciato" ma gentile. Quando però "i mostriciattoli" iniziarono a creare problemi anche comparendo sul parabrezza della sua auto, sparì, probabilmente ricoverato in qualche struttura psichiatrica.
Marco invece si ubriacava tutti i giorni e spesso aveva atteggiamenti violenti anche se il più delle volte non avevano seguito;
tipici di chi ha subìto un sacco di sconfitte non ricavandone altro che frustrazione, voglia di rivalsa e paura.
Poi conobbe l'eroina. E una mattina lo ritrovarono morto vicino a un cassonetto della spazzatura, dove chi si era fatto con lui, l'aveva abbandonato.
Lino parlava sempre male dei "drogati" e spesso, quando era in compagnia e in superiorità numerica cercava pretesti per ve**re alle mani con chi sapeva essere "tossico", specialmente quelli che avevano troppa paura per difendersi; come Adel, ad esempio.
Poi anche a Lino venne la curiosità di provare.
E una sera, con la complicità di Mike il matto, abbandonò Marco in overdose scaricandolo dall'auto vicino a un cassonetto della spazzatura.
Qualche tempo dopo gli capitò la stessa cosa. E morì da solo, senza neanche qualcuno che lo scaricasse dall'auto.
Forse il karma è solo un caso; ma è un caso che gli somiglia molto.

08/09/2024

Angelo, Renato e il mare.
Renato suonò il campanello e Angelo gli aprì la porta.
Si guardarono e si abbracciarono.
"Come stai?"
"Bene, bene. Entra, dài, così mettiamo a posto i bagagli e sistemiamo il tuo letto".
Non si vedevano da almeno 10 anni;
da quando Renato, qualche tempo dopo la scarcerazione era stato beccato con 2 kg di bamba e, proprio grazie alla recidività, alla fine della sua seconda decade in gattabuia gli furono comminati altri due anni di sorveglianza speciale, obbligo di firma e reperibilità.
Pensò quindi al fratello, che era stato anche suo compagno di cella durante la prima detenzione; lui avrebbe capito, gli avrebbe dato una mano.
Dopo essersi sentiti per telefono avevano deciso: sarebbe andato a stare da lui.
Si sedettero, poi Angelo caricò la moka e la mise sul fuoco.
"Allora? Come te la passi? "
"Come vuoi che me la passi, cerco di mettermi a posto e di non fare stronzate ".
"Eh, sarebbe anche ora,
hai quasi sessant'anni e metà della vita l'hai passata al gabbio".
"Senti chi parla ".
" IO SONO BRAVO, HO FATTO SOLO DIECI ANNI" ribatté con finta aria offesa Angelo.
Risero.
"Vieni, andiamo a farci un giro, ma prima cambiati " disse Angelo mentre si alzava dalla sedia allungandogli un paio di pantaloncini corti e delle infradito.
"È una città di mare, qui, e siamo a Luglio,
fa un caldo della madonna, vuoi davvero andare in giro con camicia e pantaloni lunghi ? Dài, cambiati, che sembri uno appena uscito di galera".
Risero di nuovo.
Camminarono fino alla spiaggia.
"Da quanto tempo non lo vedevi,
il mare?".
Renato si sedette sulla riva e mise i piedi nell'acqua.
"Da almeno vent'anni " rispose.
Erano cresciuti a due chilometri dal mare, da ragazzini ci andavano sempre.
Angelo si sedette accanto a lui e restarono lì, senza dire niente.
Perché anche i cattivi possono emozionarsi davanti al mare.
Renato non ha mai raccontato questa storia, però io l'ho saputa da Angelo, che me la raccontò quando era ancora vivo, prima di finire nuovamente in prigione.
Angelo che alla fine morì da solo in un'altra cella, perché non riusciva a trovare la quadra per rimettere in sesto la sua vita.
Angelo, che fece rivedere il mare a Renato dopo vent'anni.
Sono undici anni che Angelo non c'è più. Sono undici anni dall'unica volta in cui ho visto Renato piangere.

15/08/2024

Non sono sempre presente a me stesso. Disarticolo avverbi

luoghi e congiunzioni.

Mi lascio intrappolare dalla rabbia dei ricordi e arranco,

adesso,

con alle sp***e un futuro divenuto passato senza mai essere presente,

a sé

agli altri

e neanche a me stesso.

16/06/2024

PARTE 1 :
"Ritrovarsi "

Il cinese per me era stato un grande amico e un idolo, perché uno dei pochi usciti indenni dalla nostra adolescenza incasinata. Aveva iniziato lavorare presto e concluso un sacco di cose mentre io mi impantanavo in guai più grossi di me, ma mi era rimasto sempre amico. Anche quando i lividi sulle braccia ormai erano diventati visibili a tutti, anche quando le mattine davanti al bar cercavo di ricordare dove fossi stato la sera prima di svegliarmi con la faccia in una pozza di vomito e una bottiglia di liquore bevuta a metà ancora stretta in mano, lui si sedeva accanto a me, mi offriva una delle sue si*****te e restavamo lì a fumare, magari senza parlare, perché (visto che oggi sono in vena di citazioni ) "amico è con chi puoi stare in silenzio".
Lo rividi, una delle pochissime volte in cui tornai al paesello, e ci abbracciammo.
Poi salimmo nella sua auto e chiacchierammo;
lui dopo almeno un decennio passato al Nord era tornato a stare dai suoi perché aveva divorziato e perso sia lavoro che soldi. A un certo punto mi chiese da quanti anni fossi pulito."Otto anni, sono otto anni che non bevo e non mi faccio" risposi.
Fermò l'auto in un parcheggio.
Mi guardò .
"Ti dà fastidio se mi faccio uno schizzo?" chiese, tirando fuori una spada e un quartino di coca.
Mi guardò di nuovo, con la faccia di chi si sente un id**ta.
"Se vuoi ti riporto indietro".
A me serviva però un passaggio e con gli anni avevo imparato, oltre che essere pragmatico fino al cinismo, a non stupirmi più di niente.
Ostentai noncuranza.
"No, ok, dài, fa' quel che devi, tanto non me ne frega niente".
Ma in quel momento qualcosa si ruppe, nel mio cuore. E mi venne in mente una canzone di Fabrizio De André.

PARTE 2:
"Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura".

Io, Eric, il cinese e Ruggero andavamo in bici al fiume a fare il bagno;
compravamo birra, si*****te, portavamo uno stereo a cassette e dopo aver passato ore e ore in acqua a cazzeggiare ce ne stavamo sulla riva a fumare e ascoltare musica. "Fiume Sand Creek" di Fabrizio De Andrè era una delle nostre preferite.
In quei momenti, con le si*****te penzolanti dalle labbra e le birre in mano, ci sentivamo padroni delle nostre vite e di un futuro che davamo per scontato dovesse essere meraviglioso.
Poi fece la sua comparsa il nostro "generale di vent'anni figlio di un temporale" , che coi suoi "occhi turchini" ci illuse.
Fu così che ci perdemmo.
Chi dietro a sogni di gloria per i quali vendere ideali e amicizie, tutto ciò che si era stato e in cui si era creduto in nome di una "rispettabilità" fatta di apparenza e perbenismo, chi rincorrendo l'illusione di una felicità basata unicamente sulle aspettative degli altri;
chi, come me, inciampando tra emulazioni, ridicole pose da "duro" scimmiottate (molto) male, sbronze dure e polverine varie che portarono a uno scontato epilogo fatto di sbarre, barelle di contenimento e mille sensi di colpa.
Sì. Avremmo potuto essere migliori
Avrei dovuto essere migliore.
E la colpa è nostra. Non avremmo dovuto lasciare che la miseria e l'ingenuità lo facessero, invece abbiamo lasciato che accadesse e che alla fine la disillusione, l'indifferenza vincessero.
È così che "si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura".

19/05/2024

Sono il totale ottenuto sommando sottrazioni .
Soccombo sotto la soma
di azioni inappropriate, ebbrezze e
vuoti di memoria
che il tempo ha trasformato
in morsi all'interno delle guance
cercando di evitare il contatto visivo .

10/04/2024

S E R T.
Uscii dal pronto soccorso zoppicando. Per qualche strano motivo, il cervello si era concentrato sulle conseguenze che aveva sulle piante dei miei piedi la mancanza di endorfine. L' infermiere mi corse dietro dicendomi che forse non era una buona idea andar via ora, che magari con un po' di pazienza sarebbero riusciti a convincere il medico a darmi il metadone. La cosa che mi irritava maggiormente era il fatto che, quando ero per la milionesima volta scappato da me stesso e dal paese dove mi ero per la milionesima volta infognato, animato da una sincera voglia di uscirne, avevo pianificato ed organizzato tutto: dal Sert "di residenza" a quello di arrivo, Cuneo, dove abitava anche mia sorella, avevo fatto inviare, via fax ed e-mail tutta la documentazione necessaria, ma per qualche intoppo burocratico qualcosa era andato storto e nessuno mi aveva avvisato, così quando mi ero presentato al nuovo Sert erano tutti caduti dalle nuvole, poi u n medico dalla faccia altera mi aveva detto con aria di sufficienza che non avevo diritto al metadone e alla mia domanda su come rimediare, si era girato e se ne era andato dicendo ad alta voce "TANTO IL MODO LO TROVATE SEMPRE,VOI". A quel punto, dopo varie birre comprate e in un supermarket (regola uno del perfetto scoppiato: mai bere al bar quello che puoi prendere al supermarket e pagare meno della metà) avevo avuto l'idea del pronto soccorso, dove ero rimasto cinque ore a supplicare che mi dessero qualcosa, inframmezzate da vari "raid" nel supermarket poco lontano a ingollare varie birre e un cartone da 1,5 L di vino scadente (regola numero due del perfetto scoppiato: se stai per finire i soldi e non sei abbastanza stonato, lascia perdere la birra e attacca il vino più economico o il vermouth, se non costa troppo). Guardai l'infermiere e con la faccia più patetica del mio repertorio tossico, gli chiesi se PER PIETÀ potesse almeno farmi avere un tavor, qualsiasi cosa, per l'amor di Dio. Mi guardò contrariato, ma era un bravo cristo, così dopo avermi fatto aspettare qualche minuto tornò con due pillole dicendomi "guarda che queste sono mie, non dire a nessuno che te le ho date e non prenderle tutte e due ora. Gliele tolsi di mano e le ingollai entrambe. Mi guardò spalancando gli occhi ed iniziò ad urlarmi qualcosa su quanto fossi stupido, ma mi voltai mentre ancora parlava e me ne andai. Che st***zo. Continuo a pensare che se incontrassi il me stesso di allora, lo prenderei a calci nelle gengive. Sudavo, volevo il metadone. Entrai in un bar e ordinai un brandy, lo buttai giù d'un fiato e ordinai un caffè, scappando di corsa appena il barista mi voltò le sp***e per prepararlo. Arrivai davanti al Sert e senza pensare scavalcai il cancello;
una volta dentro presi un mattone e lo lanciai contro la finestra che si frantumò. Mi tenni pronto ad un'eventuale fuga, ma non suonò nessun allarme, così mi arrampicai ed entrai, dirigendomi con un estintore in mano verso la "sala di somministrazione" dove tenevano il metadone. Un' ora dopo ero ancora lì, bestemmiando contro i pannelli della porta che nonostante i tentativi di sfondamento con l'estintore si erano rivelati straordinariamente solidi ed elastici, facendolo ogni volta rimbalzare violentemente contro le mie tibie e ferendomi il collo del piede.
Uscii.
Lungo la strada una macchina mi accese gli abbaglianti contro suonando. Era mia sorella. Mia sorella che, incinta di quasi otto mesi, cercava il suo fratello matto, come fosse stato un regalo prezioso mandato dal cielo e non la disgrazia che invece era. Mia sorella che invece di maledirmi aveva gioito quando aveva saputo che andavo a star da lei,
ma del resto chi ti vuole bene, a volte non riesce a vedere la m***a di cui sei pieno. Una volta arrivati a casa, riuscii a rubare dei calmanti tra le medicine e una bottiglia di vino che bevvi in cinque minuti di nascosto sul balcone. La mattina dopo mia sorella mi svegliò tutta contenta dicendomi che la mia documentazione era arrivata al Sert e che sarei potuto andare a prendere il metadone nel pomeriggio, perché la sera prima qualcuno aveva tentato di rubare scassando tutto. All'apertura pomeridiana ero il primo della fila. Ingollai il metadone, 80cc su due tavor, due litri di vino e uno di birra. Ricordo solo che salii in macchina e la faccia schifata di mio cognato. Quando aprii gli occhi mia sorella disse che avevo dormito tre giorni, dicendosi contenta perché "almeno avevo riposato". Se avesse conosciuto il vero motivo, avrebbe mobilitato l'esercito per svegliarmi.

07/04/2024

Neuro
A Cuneo il lavoro era duro ma avevo bisogno di rimettermi in pista, non potevo certo star sulle sp***e di mia sorella che mi ospitava;
avevo, forse per la prima volta nella mia vita, davvero intenzione di venir fuori dalla m***a in cui mi ero calato fino alla punta dei capelli.
Ma una sera al supermercato,
passai per caso nel reparto vini.
Mi risvegliai su una barella, avevo i polsi legati.
Poi mi venne in mente.
La bottiglia finita,
Il ciglio della strada, io che urlo e bestemmio,
qualcuno che mi mette in auto,
mia sorella che piange, gli sguardi pietosi della dottoressa.
La lunghezza dei legacci permetteva comunque di mettere le mani in tasca, dove avevo un coltello.
Li tagliai.
Poi un infermiere, attraverso la feritoia sulla porta, vide cosa stavo facendo e corse nella stanza, ma io ero già sceso dalla barella e gli puntai il coltello contro.
Credo che la categoria più penalizzata dai miei comportamenti sia sempre stata quella dei paramedici. Con tutte le sbronze, i collassi, le teste spaccate in incidenti stradali o risse, un' overdose da eroina, i deliri da roipnol e birra, avrebbero meritato una medaglia solo per i casini subìti da un deficiente col cervello in pappa come me, senza contare le migliaia di miei " colleghi": Bisognerebbe pensarci, anche quando se ne esce e si viene tentati dal ruolo di vittime di una società ingiusta,
scrivendo pagine tristi ed autocompiacenti .
Uscii dalla camera e mi ritrovai nel corridoio del reparto.
La dottoressa, con gli occhi sgranati, mi chiese cosa avessi intenzione di fare.
Non lo sapevo.
Non sapevo neanche perché fossi lì, cioè lo sapevo, ma non mi faceva star meglio.
"Voglio andarmene "dissi.
"Bene, allora venga di là a firmare e la lascio andar via, ma si calmi e metta via quel coltello! "
Annuii.
E mi sentii stupido.
Poi qualcuno mi afferrò alla nuca e mi ritrovai con la faccia a terra e un ginocchio puntato in mezzo alle scapole.
La dottoressa urlò.
Mi ammanettarono e mi rimisero in piedi sbattendomi la testa contro il muro.
Il poliziotto mi teneva ed il suo capo mi si parò di fronte
"Che c***o fai,Panarié, dài i numeri? Te la prendi con chi non può difendersi? Adesso ti portiamo con noi e ti facciamo dormire tranquillo".
Per la prima volta dopo anni pensai che me l' ero cercata, cazz, ma non resistetti e lo mandai comunque affanculo,
e il manrovescio arrivò puntuale come una bolletta sulla mia guancia destra.
A quel punto la dottoressa disse che comunque non c' era bisogno di fermarmi e portarmi in caserma perché non avevo fatto niente e minacciato nessuno, solo fatto un po' di casino ad alta voce per andar via.
"Vede?" disse rivolgendosi al poliziotto
"Ha già firmato, non mi ha di certo minacciato , è solo un po', come dire, confuso, ecco!"
Il poliziotto la guardò, poi senza smettere di guardarmi negli occhi disse
-"Ok, però lo scortiamo fuori noi".
La dottoressa annuì, poi gli chiese di uscire dalla stanza:
"Voglio solo fare una piccola verifica dei parametri vitali, per poterlo dimettere".
Il polizotto uscì, la dottoressa si avvicinò mettendosi davanti alla porta in modo da ostruire la visuale dalla feritoia
"Mi dia il coltello".
Glielo porsi e lo mise nella tasca del camice;
poi fece finta di misurarmi la pressione.
Mormorai un " grazie" a mezza bocca.
-"Vada affanculo, lei è uno st***zo, vada via"
rispose sibilando.
Touché .
Uscii, i poliziotti mi scortarono fino all' uscita.
"E adesso come c***o faccio ad arrivare fino a Villar San Costanzo?" biascicai.
"Panarié, adesso stai rompendo i co****ni per davvero. Se vuoi ti scassiamo, poi ti buttiamo in un fosso pieno d' acqua così ti passa la sbronza, oppure muori e sticazzi, un id**ta in meno sulla strada.
Quindi vedi di andartene prima di farmi innervosire."
In effetti mi era andata di lusso. Il mio palmares aveva un solo schiaffone all'attivo, così pensai di non ti**re troppo la corda.
Erano le quattro del mattino.
Arrivato all' inizio di corso Nizza ebbi la brillante idea di stendermi a terra,
così qualcuno si sarebbe fermato.
Restai il tempo necessario per sentirmi di nuovo un perfetto id**ta e mi alzai .
Alle nove del mattino mi risvegliai sotto una pensilina della fermata, salii e presi l'autobus sbagliato, quello per Borgo San Dalmazzo.

08/01/2024

(...) Non che fosse un novizio, eh, Roberto, fino ad allora aveva sempre usato la roba aspirandola dal naso, ma la curiosità ebbe il sopravvento e ovviamente io colsi l'occasione al volo, così ci ritrovammo nei rispettivi ruoli di fesso e furbacchione che sapeva di potersi cuccare la maggior parte del quartino visto che per Roberto sarebbero bastate un paio di linee a capovolgerlo.
Infatti andò proprio così.
Solo che poi ci prese gusto e in capo a neanche un mese era già preso al laccio, completamente dominato dalla roba.
Quel giorno si svegliò a rota e dopo un paio d'ore senza trovare niente decise di andare da Marco il romano.
Marco era uno che vendeva forte e, nonostante fosse anch'egli impantanato, riusciva addirittura a fare soldi, mantenendo se stesso, il suo vizio e la sua famiglia con lo spaccio.
Era un tossico atipico, il romano; sapeva amministrare i soldi, sapeva agire con acume ma soprattutto sapeva essere cattivo; lo temevano tutti, anche chi, tra i poco raccomandabili, non usava la brown e ne considerava gli adepti dei vigliacchi senza p***e.
Più di una volta Marco si era scontrato con piccoli camorristi, zingari o con i nigeriani della riviera domitiana uscendone sempre vincente; più di una volta aveva lasciato a terra sanguinanti, grossisti intenzionati a imporgli condizioni;
sapeva come far male alla gente, era uno di quelli - non so se avete presente - con un talento, una vocazione naturale per la violenza. E la sua arma più forte era proprio questa: la passione, l'estro, addirittura la fantasia che ci metteva.
Ora, in virtù di questo, si potrebbe mmaginarlo come una specie di troglodita, un mezzo animale senz'arte né parte abituato a vivere della sua prepotenza. Invece riusciva
a portare avanti i suoi interessi con un'intelligenza rarissima tra i livelli " intermedi" della delinquenza.
Andava sempre a rifornirsi a Pescopagano "accavallato" con una sette e sessantacinque.
Certo, era un rischio farsi 50 km con un ferro addosso ma lo era anche di più andare a rifornirsi di roba e bianca senza nessuna difesa. Era, in effetti, un ragionamento logico: se gli sbirri l'avessero beccato, sarebbe finito ugualmente al gabbio, tanto valeva fare le cose bene. E tra le cose " fatte bene" c'era anche il suo modo di spacciare, basato su regole ferree, tipo non andare MAI a chiamarlo a casa; aveva orari fissi in cui scendeva e la roba ce l'aveva sempre ma andare a cercarlo sotto casa significava, nel migliore dei casi, tenersi la scimmia sulle sp***e, e non era detto perché si poteva rimediare anche un pestaggio e il romano quando pestava non usava alcuna indulgenza, pestava con metodo, in modo funzionale, per far il più male possibile.
Ma, si sa, non c'è regola che non si possa infrangere, se devi farti.
Così Roberto, dopo aver vagato inutilmente per mezza giornata, suonò al citofono di Marco e Marco scese.
Afferrò le dita di Roberto nella sua mano e gliele piegò all'indietro.
Il giorno dopo Roberto, a chi gli chiedeva cosa avesse fatto all'indice, steccato e fasciato, rispondeva di essere caduto dalla bici.
Noi sapevamo, la notizia aveva già fatto il giro.
Qualcuno però tra le persone "perbene" che non aveva ben chiara la visione delle cose, si lasciò scappare la sua fesseria da bar dello sport tipo " Eh, vedi cosa succede a drogarsi? Non si riesce neanche ad andare in bici e si cade".
Eh, già. È così, che succede.
Si cade.
In tutti i modi possibili.

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