
07/03/2025
INCIPIT 1
La selezione artificiale prevede che i soggetti che non esprimono il fenotipo dei caratteri ricercati debbano essere eliminati
INCIPIT 2
Per la parola cane non c’è un sinonimo, ma ci si può riferire a lui come il miglior amico dell’uomo.
TITOLO
I pit bull: angeli pelosi senza ali o cani assassini?
Ovviamente nessuno dei due. È tutto fuorviante, sempre. Solo eccessi, ovunque si leggano articoli, commenti, editoriali sui cani sono (quasi) tutti portati oltre il sensato.
Sapete quale animale inizia con “ca” e finisce con “ne”?
Il pit bull è solo un cane, non un angelo, non un killer.
E che animali sono i cani, cosa sappiamo di vero su di loro? Più avanti vedremo anche che cane è un pit bull.
Ebbene, sono animali domestici “addomesticati” cioè resi atti a vivere in ambienti antropizzati a stretto contatto con l’essere umano senza arrecare danno alla nostra specie.
Come siamo riusciti a fare ciò?
Attraverso quel processo di accoppiamenti controllati chiamato “selezione artificiale”.
E qual è il progenitore di tutti i nostri cani?
Nella classificazione ENCI c’è un gruppo in cui sono raccolte le razze più antiche, quelle più vicine al lupo per intenderci, tra cui i temibili (in senso ironico ovviamente) Cirnechi dell’Etna, canetto da caccia di circa 15 chili considerato tra i più antichi cani italici, ma anche i basenji e i cani dei faraoni hanno la loro antica storia. Insieme ai cani primitivi, ma catalogati in un altro gruppo ci sono i levrieri anch’essi molto antichi e originari del mondo arabo. Infatti è stato proprio questo popolo a separare i primi tratti delle selezioni degli animali.
Quindi, tornando alla nostra domanda, come abbiamo fatto a trasformare un cirnechino dell’Etna in un temibile pit bull?
In fondo Mendel aveva capito come funzionava la genetica già a metà dell’ottocento, soltanto attraverso la sperimentazione osservabile della riproduzione di alcune piante. Già da tempo però avevamo capito che si sarebbe potuta isolare una particolare caratteristica facendo riprodurre una coppia portatrice della stessa peculiarità. Nel frattempo tra le attività ludiche degli umani c’era anche quella di far combattere tra loro ignari animali anche se avevano importanti differenze di stazza: i cani contro i tori nelle arene attrezzate a tale scopo. Per far questo hanno isolato la rissosità e la presa del terrier, cane da caccia irriducibile, con la potenza e la scarsa capacità di riconoscere segnali di pacificazione del molosso. Incrociando queste due peculiarità hanno ottenuto un cane che poteva combattere fino alla morte contro animali 100 volte più grandi e forti di lui.
Traducendo dall’italiano in inglese la parola “arena” troviamo il corrispettivo in “PIT” se traduciamo “toro” otteniamo “BULL”. Non ci vuole una laurea per capire che il soggetto sbagliato non è il cane ma chi l’ha creato e il gioco che doveva giocare ancor più improponibile. E visto che in questo articolo ci sono più domande che risposte facciamocene un’altra: che caratteristiche deve avere un cane selezionato per vincere in una lotta con il toro?
Sicuramente una tempra molto dura (cioè la capacita di sopportare stimoli avversativi), resistenza al dolore, incapacità di riconoscere segnali di sottomissione o di pacificazione; anzi nel momento in cui sentono un pigolio, un guaito, un uggiolio, si devono eccitare e non fermarsi. Ecco! Li abbiamo selezionati così, con le emozioni gestite da un frullatore. È ovvio che per avere un cane con queste caratteristiche, non si doveva puntare sul cervello ragionativo: un cane che pensa non combatte inutilmente, quindi si è cercato di fissare l’aspetto infantile, quello più istintivo e abbiamo ereditato una razza con il sistema limbico più importante a svantaggio di quello corticale. I terrier di tipo bull mi ricordano il primo risultato ottenuto da Frankenstein junior quando Igor gli aveva portato il cervello del sig. AB Normal: una massa di muscoli, poco cervello e tanto sesso.
Vi prego cogliete l’ironia!
E così in America e in Inghilterra si allevavano questi cagnoni con la faccia tonda, gli occhi grandi, capaci di sopportare i giochi dei bambini e con il compito di difenderli da malintenzionati. Di giorno guardiani e compagni di giochi dei bambini di notte killer spietati che combattevano clandestinamente nelle cantine perché finalmente la legge aveva iniziato a tutelarli, ma noi avevamo trovato subito l’escamotage. L’aspetto veniva reso aggressivo attraverso la mutilazione delle orecchie e della coda, sia per l’immagine, sia per non lasciare punti di presa vulnerabili. Ricordiamoci che quei soggetti che manifestavano aggressività verso gli umani, in particolare della famiglia, venivano abbattuti senza appello. Pratica ancora in uso in tutto il mondo ad eccezione dell’Italia e forse pochi altri paesi.
Eppure i terrier di tipo bull sono davvero affettuosi, protettivi, disponibili e ancora, per sbilanciarmi verso l’assurdo e oltre, sono teneri, fragili e delicati. Non capiscono le sgridate e ancor meno il ruolo del tanto declamato umano capobranco. Fragili e possenti. Questa contraddizione è la cosa che più di ogni altra li rende pericolosi. Adottandolo da cucciolo ci si illude di avere adottato il soggetto buono e tranquillo, l’eccezione, quello super affettuoso così carino che non si riesce a non condividere con lui il letto e il divano, cibo e spazi. Il giovane pit è quello che al parco gioca e fa giocare tutti, talmente felice che appena arriva travolge tutti con la sua energia e gioia e fa correre tutti i cani del prato. Nasce così il primo inganno: è talmente perfetto che non serve educarlo né, a parte il seduto prima di ricevere un bocconcino, insegnargli qualsiasi altro esercizio. In pratica vengono lasciati a loro stessi, cioè stiamo lasciando che una massa infinita di muscoli col cervello di un cucciolo, fisicamente 🎵 forti sì, ma poi sono anche fragili 🎶 (grazie Elisa per le tue parole) decida come, quando e da chi difendersi. Illusi che non serva quel qualcuno che gli indichi che quel comportamento insegnato sia migliore di quello che lui userebbe se guidato dall’istinto. Non devono ubbidire ma imparare a controllare le emozioni e gli istinti… le pulsioni, devono imparare a usare la ragione! Altrimenti faranno danni. E i terrier di tipo bull se non si sanno dominare fanno danni gravi, più seri di quelli che possono fare i cani di altre razze.
Nei miei cinquant’anni di lavoro con i cani non ho soltanto avvicinato, manipolato, spazzolato, lavato, educato, recuperato qualche migliaio di loro, li ho anche studiati sui libri, mi sono confrontato con colleghi, scrutato le loro azioni e le loro reazioni. Mi è piaciuto più di tutto osservare il loro stupore quando, proponendogli soluzioni facili e non violente, risolvevano i problemi senza dispendio inutile di energie, in modo intelligente e pacifico. Non ha funzionato sempre ma il più delle volte sono stato efficace e il gruppo ha iniziato a vivere una vita serena e di godimento dell’altro.
Ma i terrier di tipo bull sono un caso a parte. Abbiamo detto che sono particolari e per questo dovrebbero essere adottati solo da persone consapevoli, esperte, che conoscono la razza, preparate ad affrontare con serenità i repentini cambi comportamentali che dalla pubertà alla maturità, cioè dai sette mesi ai tre/quattro anni, pronte anche a mettersi in discussione non per capire il pit bull ma l’individuo, disposte a farsi aiutare nel caso in cui qualcosa dovesse sfuggire di mano.
Dal farli dormire sul letto abbracciati e parlargli con le vocine stupide come se fossero dei pupazzetti, a volergli far capire chi comanda è un attimo. Basta la prima reazione, magari quando il presuntuoso adottante di Demon, Attila, Rocky o Rambo convinto che nel suo cane il programma “difesa della preda” non sia stato installato mette le mani nella ciotola mentre sta mangiando e alla prima minaccia si sente deluso e in dovere di iniziare a prendere seri provvedimenti. Quindi invece di pensare: “vabbè sono stato un idiota”si trasforma nel sergente di ferro da far invidia ai miglior film di guerra americani: signorsì signore!
Il povero cane, da principe che era, si ritrova allontanato, maltrattato, sgridato, recluso e punito per gran parte della giornata. Così sulla scia delle nuove emozioni, provano a adeguarsi rispondendo alle aggressioni così come un combattente sa fare. E quando Rocky scopre che gli umani hanno più paura di quanta non ne abbia lui, finisce in canile come cane pericoloso. Eppure per cambiare questo triste finale sarebbe bastato iniziare a spiegare al cane che se ci avviciniamo alla ciotola, non è per sottrargli il cibo, ma per aggiungerne altro. In questo modo si inserisce nella mente del cane una procedura che in natura non esiste: non c’è pericolo di morire di fame perché qui il cibo non manca, disinnescando così il riflesso di difesa. Cosa c’è da difendere da uno che porta cibo? Poi la procedura deve evolvere gradualmente fino ad arrivare a poter toccare la ciotola senza reazioni del cane. Ci vuole tempo, tecnica ma è sicuramente più efficace dello scontro che instaura paura e reazioni aggressive.
Nei canili/rifugi il 50% degli ospiti sono terrier di tipo bull e molti di loro sono entrati proprio a causa di queste cattive abitudini, della presunzione, della prepotenza, dell’ignoranza e dell’incompetenza delle persone che li hanno adottati. Nonostante mi sia dedicato principalmente a queste razze, l’unico morso che ho preso mi è stato offerto da un lupoide. Aiutarli, recuperarli, ricostruire una relazione di sana fiducia è stato per me un lavoro estremamente gratificante, ma poi una volta riabilitati andrebbero fatti adottare. Le persone che li chiedono però sono sempre gli stessi presuntuosi, prepotenti, incompetenti e il rischio che rientrino è altissimo. E in genere non hanno l’opportunità di una seconda chance.
Ho sempre lavorato con entusiasmo, volando basso, senza troppa pubblicità. Ho preferito non perdere tempo in inutili discussioni social e mi sono occupato prevalentemente dei cani che avevano bisogno del mio aiuto. Detesto le etichette perché voglio essere libero di pensare e non voglio rimanere chiuso nei protocolli di questa o quell’altra scuola dove, per esserne parte, devi diffondere e divulgare il “questo sì e questo no per sempre” altrimenti sei fuori. D’accordo sono fuori da tutto e faccio il mio con i pochi eletti disposti a confrontarsi sul tema, incentrati al benessere del cane e non su ciò che riscuote consenso. In linea di massima amo l’aspetto cognitivo del cane, come interagire con loro attraverso le emozioni, prediligendo spudoratamente quelle positive con la consapevolezza che per imparare a bilanciare tra il funzionale e il disfunzionale qualche problema lo dovranno pur affrontare.
Ho scritto questo articolo tentando di cercare l’equilibrio tra la criminalizzazione e la beatificazione di questi poveri cani. In tutta la mia esperienza non ho mai conosciuto cani “cattivi” cioè individui che provocano sofferenza con lo scopo di trarne piacere, ho conosciuto solo qualche esser umano così. Però ho conosciuto cani difficili, diffidenti, sfiduciati, paurosi, in crisi, inconsapevoli, istintivi, reattivi e molti di loro usavano l’aggressività per proteggersi, per chiedere distanza. Per trattare con questi individui ci vuole esperienza, sicurezza, coraggio, calma e conoscenza, caratteristiche riscontrabili in professionisti e persone con molta esperienza. Questi cani non possono vivere in famiglie irresponsabili in cui non viene esercitato un controllo sui bambini, sul comportamento da attuare con il cane, bisogna saperli rispettare, non pretendere obbedienza senza avergli insegnato i comportamenti da tenere e sapere che per imparare bene bisogna sbagliare tanto.
Esistono cattivi allievi è vero, ma è più probabile incontrare cattivi maestri.