04/04/2025
INTERVISTA A UN CANE MOLECOLARE.
Sono F.B. e ho avuto il privilegio di intervistare un esperto della ricerca.
Mi riceve domenica mattina e subito, con un gran scodinzolare, cerca di mettermi a mio agio.
“Buongiorno” – dico io quasi intimorito.
“Buongiorno!” – mi risponde lui – “quando vuole possiamo cominciare la nostra intervista.”
F.B: “Bene. Allora cominciamo…dal suo nome. Come si chiama?”
“Mi chiamo Cane Molecolare. Cane di nome e Molecolare di cognome.”
F.B.: “Sig. Cane Molecolare, mi parli un po' del suo lavoro.”
C.M.: “Come lavoro io mi occupo di ricerca. Ricerca persone scomparse ma anche animali scomparsi.”
F.B.: “Come riesce a conciliare le due cose? Sa, in giro si sente dire che chi cerca le une non può cercare gli altri.”
C.M.: “E’ tutta una questione di addestramento. A me hanno insegnato a cercare un odore. Non mi importa a chi appartiene questo odore. Uomo, donna, cane, gatto,… non mi importa. Io sono addestrato per arrivare alla fonte di quell’odore. Anche in mezzo a tantissimi altri odori che potrebbero distrarre, io seguo quello. Vede sig. F.B. il nostro naso è una macchina perfetta. Possiede capacità che voi umani potete solo immaginarvi.”
F.B.: “sig. Cane Molecolare, mi perdoni se la interrompo ma, quanto tempo ci vuole per arrivare ai suoi livelli?”
C.M.: ”Ehhh…, caro sig. F.B., ci vuole molto tempo. Io ci ho messo non meno di due anni e comunque ancora oggi il mio umano mi fa scoprire cose nuove.
Qualche tempo fa ho parlato con un mio bisnonno. Anche lui faceva questo lavoro. Lui però cercava solo persone scomparse e mi raccontava che ai suoi tempi non esistevano tutte queste nuove tecniche di insegnamento. Si imparava una cosa sola. Voi giovani – mi diceva – siete più fortunati. I vostri addestratori hanno messo a punto nuove tecniche che vi permettono di fare molto di più di quanto facevamo noi.”
F.B.: “Mi sta dicendo, quindi, che il vostro lavoro è una continua evoluzione?”
C.M.: “Certo! E chi non si adegua…glielo lascio immaginare.”
F.B.: “Qual è la parte più difficile di questo lavoro?”
- Non mi risponde subito. Sgrana gli occhioni. Mi analizza dalla testa ai piedi. Fa un profondo respiro e con la postura di chi sa quel che sta dicendo mi risponde “La comunicazione.” –
F.B.: “La comunicazione? In che senso?”
C.M.: “Io e il conduttore parliamo lingue diverse. Io comunico con il mio corpo, con atteggiamenti ben precisi, a volte anche emettendo dei suoni. Il mio umano no, lui emette quasi solo dei suoni. All’inizio dell’addestramento proprio non ci intendevamo. Io dicevo una cosa e lui ne capiva un’altra. E viceversa. Col passare del tempo, però, la cosa è migliorata. Con l’allenamento costante siamo arrivati all’intesa perfetta.”
C.M.: “Pensi sig. F.B. che addirittura abbiamo messo a punto…”
F.B.: “Abbiamo? Perché usa il plurale? Non è il suo umano che le insegna le cose?”
C.M.: “Qui si sbaglia sig. F.B. Io e il mio umano siamo una cosa sola. Insieme impariamo. Insieme comunichiamo! Per questo uso il plurale, per questo le dico con orgoglio che ABBIAMO messo a punto metodi di comunicazione che ci permettono di lavorare sia in ricerca di animali che di persone.”
- Fa un gran sospiro e con un tocco di commozione mi dice -
“…se solo il mio bisnonno fosse ancora in attività… Pensi che bello poter lavorare anche con lui…”
Siamo alla fine dell’intervista. Sono molto colpito da quello che il sig. C.M. mi ha raccontato. Chissà quante altre cose avrebbe da dirmi, ma il tempo è tiranno. Si è fatto tardi.
F.B.: “Io non so come ringraziarla sig. C.M.. Non immaginavo nulla di questo lavoro. E ne sapevo ancora di meno. Vorrei accarezzarla…posso?”
Quasi imbarazzato C.M. mi porge il suo lato destro e accetta di buon grado le mie coccole. E in quelle carezze c’è tutto il mio grazie e il mio apprezzamento per il suo lavoro.
F.B.: “Se per lei non è un grosso disturbo vorrei poter tornare e continuare la nostra chiacchierata…”
C.M.: “Venga pure quando vuole ma mi avverta prima. Potrei essere in giro a cercare qualcuno!”
F.B.: “Arrivederci sig. C.M.”
C.M.: “Arrivederci sig. F.B.”
F.B.
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