05/07/2025
Economia....
BREED ORIENTED ECONOMY
La pet economy, un'ecomomia "fondata" sulla razza
Non sono certo un economista e dunque non mi sbilancerò su cifre e dati.
Ma penso comunque che alcune analisi e considerazioni possano invece essere fatte.
Anzi lo devono.
Sebbene possa essere considerata come una "nicchia", nel più ampio panorama (liberal liberista) del sistema economico generale, ossia come un ambito molto limitato, la cosiddetta pet economy è comunque un settore che fa girare ogni anno centinaia di milioni, se non miliardi di soldi, in moltissimi Paesi del mondo.
E in questa "industria" la "dog economy" rappresenta certo un tassello centrale, se non forse il primo e il più importante, assieme a quello dei gatti.
Questa economia - nata nell'ultimo secolo o poco più, ma che negli ultimi 3 o 4 decenni ha visto un vero e proprio boom, per quanto possa all'apparenza sembrare complessa e anche un po' caotica, si basa invece su alcuni pilastri molto chiari e semplici da individuare.
Studiare come sono nati e come si sono sviluppati può aiutare a capire anche tutte le storture di questo mercato.
Un mercato che pare fondarsi sull'amore, l'affetto, la dolcezza....
La "traduzione letterale" di pet economy, infatti, può essere anche: "economia della carezza", o "economia della coccola", un nome suadente, mellifluo, affascinante.....
E infatti ci siamo cascati tutti come dei totani.
Perché tutto è la pet economy, meno che un'economia fondata sull'amore.
La pet economy non è infatti per niente un'economia che si "fonda" sul nostro amore per gli animali, ma è un'ecomomia che "sfrutta" questo amore per trarne guadagni e profitti.
È come qualunque altra industria o economia: "a fini di lucro".
Ma quali sono le basi su cui si regge questa economia? E quali rapporti esistono tra esse?
Il discorso è complesso, perché alcuni settori sono più recenti, mentre altri sono nati prima.
Tutti sono comunque interdipendenti e, come vedremo, tutti si fondano, quanto meno in senso storico, su uno soltanto di loro.
Perché possiamo dire che in definitiva questa economia nasce, si fonda e si basa sul "cane di razza" e dunque, in ultima analisi, sull'allevamento e la vendita di cani.
Ma arriviamoci per gradi.
Il primo e forse il più antico pilastro della pet economy è quello del cosiddetto "pet food", ovvero quello dell'alimentazione.
Nato circa un secolo fa o poco più come una maniera "ingegnosa" per riciclare gli scarti delle lavorazioni alimentari, oggi rappresenta di gran lunga il modo più diffuso di alimentare i cani domestici (e non solo).
Ci sarebbero moltissime considerazioni da fare.
Anche, solo per fare un esempio, a livello ecologico. Sarebbe infatti interessante "riflettere" su cosa ha comportato questo cambiamento.
Un cambiamento che ha portato decine o centinaia di milioni di cani, che da sempre avevano vissuto, fino a solo pochi anni prima, letteralmente, mangiando esclusivamente scarti umani, a diventare invece dei "consumatori" di cibi prodotti appositamente altrove.
Ma questo riguarda più che altro il "nostro" impatto ambientale.
Perché la nostra scelta di vivere con un cane e il come decidiamo di gestirla ha una enorme importanza nel definire la nostra cosiddetta "impronta ecologica".
La questione, comunque, è complessa e bisognerebbe considerare molte variabili.
Visto anche che alla fine, pur se "finemente lavorati", molti alimenti per cani restano comunque sottoprodotti delle produzioni umane.
E dunque spesso null'altro che "scarti" della lavorazione.
Pur se il prezzo di vendita al cliente finale suggerirebbe tutt'altro....
Ci limiteremo quindi, per semplicità, solo all'aspetto economico.
Il dato incontrovertibile, da un punto di vista economico, è che in poco più di un secolo siamo arrivati ad accettare come normale che i cani "debbano" avere una propria "alimentazione specifica".
Che alimentare un cane è una spesa e un costo.
Che come esistono prodotti per l'alimentazione umana, così anche per quella dei nostri cani.
Come si trattasse di prodotti del tutto diversi tra loro.
Su questo si fonda l'economia del pet food.
Sull'averci convinto, dopo migliaia e migliaia di anni, che i cani non si nutrono dei nostri avanzi (cosa che, tra l'altro, può essere considerata come la ragione principale del processo di domesticazione), ma che necessitano di una propria e particolare alimentazione specifica.
Naturalmente quella "offerta" da loro.
Siamo arrivati oggi a buttare via gli avanzi che abbiamo nel piatto, e poi a comprare al cane uno snack cinofilo, un "fattoapposta".
Perfino la classica immagine iconica di tanti cartoni animati, del "cane con l'osso in bocca" è oggi diventata anacronistica.
Oggi si chiamano "prodotti per la masticazione", sono igienici ed ergonomici, e mai sia a usare altro.
Il cane potrebbe addirittura "morire", secondo alcuni, se gli diamo un osso!
E qui veniamo all'altra grande gamba, base e stampella della pet economy.
Perché se il cane mangia un osso potrebbe comunque stare male; e se sta male poi lo devi curare.
E anche questo costa soldi.
Premessa qundi doverosa.
Si affronta in questo contesto la medicina veterinaria "solo e soltanto" da un punto di vista "economico", in quanto attore economico in un settore quasi o del tutto privato.
Dove la medicina Veterinaria "pubblica" si occupa quasi esclusivamente di salute umana (a livello di salute pubblica o tutela dai rischi per la sicurezza).
Dove i veterinari del Servizio Pubblico, per otre 35 anni, dal 1954 al 1991, si sono occupati di sopprimere, mediante eutanasia, tutti i randagi trovati vaganti (milioni, se non decine di milioni di individui, possiamo supporre), con la giustificazione di "prevenire la rabbia".
Qualunque privato cittadino, dunque, che deve ricorrere a visite, diagnosi o cure mediche di ogni genere, lo può fare soltanto passando da una struttura privata a pagamento.
La medicina veterinaria privata, dunque, rappresenta anche un importantissimo settore economico, che potremmo definire "vet economy", che arriva a muovere ingentissimi flussi di capitali, che si manifestano poi in veri e propri ospedali veterinari, con macchinari all'avanguardia e specialisti di ogni tipo.
E magari amministrati da qualche essepià con sede in Italia, oppure all'estero.
Secondo un modello molto simile alla sanità privata umana, con possibilità di leasing, finanziarie, assicurazioni....
Con importantissime entrature, poi, tanto in ambito universitario, che con le grandi case farmaceutiche e gli istituti di ricerca.
Anche in questo caso non entreremo nel merito di tutto l'ambito della medicina veterinaria in generale, come ad esempio quello della "sperimentazione animale", di cui ci si occupa almeno tanto quanto nella medicina umana.
Ma basta solo fare riferimento ai farmaci specifici per animali e ai loro costi per capire quali interessi economici possa muovere la vet economy.
E pensare che la vet economy è qualcosa di molto recente. Non andiamo prima del dopoguerra, ma probabilmente anche dopo, circa una cinquantina d'anni.
Prima di quegli anni trovare un veterinario che curasse cani e gatti non era neanche facile.
Se andiamo a vedere poi cosa succedeva qualche decennio prima, ci accorgiamo che cani e gatti proprio non venivano curati per niente.
Al limite ci poteva dare "un'occhiata", semmai, il veterinario che veniva a curare la mucca, la scrofa o il cavallo.
Perché la medicina veterinaria nasceva prima di tutto, in una società rurale come quella italiana, per curare i cosiddetti "animali da reddito".
E così è stato fino a pochi decenni fa.
In una società contadina, infatti, l'economia familiare dipendeva molto dai prodotti di origine animale e dunque era per questi animali che si potevano spendere soldi.
Mica per il cane, che tanto, qualche cucciolata di cui non sa che fare, ce l'ha sicuramente qualche vicino....
Il cane mica si cura.
Era questa la mentalità fino a metà del secolo scorso.
E le facoltà di Medicina Veterinaria si occupavano di mucche, maiali, cavalli....
Si occupavano di "animali da reddito".
Animali che avevano un "valore".
Un valore economico, prima di tutto.
La vet economy, invece, o anche "pet vet", potremmo dire, è qualcosa di molto più recente.
Sembra strano anche solo a pensarlo, ma la Medicina Veterinaria che conosciamo oggi, quella che cura principalmente i nostri animali domestici, quella fatta di migliaia e migliaia di piccoli ambulatori e di cliniche, più o meno grandi e specializzate, è qualcosa di recentissimo.
Essa dipende dal fatto che negli ultimi 50 anni, o poco più, abbiamo sempre più cominciato a pensare che anche i cani, come gli umani, vanno curati e seguiti dal punto di vista sanitario.
Anche qui il mercato si sostiene perché, esattamente come per l'alimentazione, anche per la salute ci siamo convinti che sia necessario sostenere dei costi.
Già solo uno sguardo superficiale a questi due comparti economici è sufficiente per capire quale giro di interessi ruoti attorno alla pet economy.
E perché si possa parlare di una vera e propria "economia", che si sostiene grazie all'altissimo numero di cani e gatti, pari circa alla nostra intera popolazione, che vivono nelle nostre case, nei canili, negli "stalli provvisori" o nelle colonie più o meno censite.
Ma prima di arrivare al pilastro su cui tutto questo mercanteggiare si fonda, al "soggetto" di questo mercato....
O meglio al soggetto in senso "grammaticale", ovvero il "soggetto con cui, spesso, ciminciano le frasi", "il cane...."
Ma quello che poi, a ben guardare, è in realtà "l'oggetto" di questo mercato, o quanto meno il suo emblema:
il cane "oggettificato" come bene di mercato, soggetto a fattura e ceduto in quanto "bene mobile", ma alle volte venduto anche "in nero", il cane di razza con pedigree, ma non sempre....
Il cane che tutti vogliamo perché è "così oppure cosà", perché fa "questo oppure quello".... Perché, alla fine di tutto poi...
"Perché io sono fatto cosi e quindi è una mia scelta".....
Gnegnegnegne....
C'è un altro settore che di recente si è unito agli altri due.
Un settore che è uno, ma che in realtà ne sono due, o forse di più.
Questo è il settore dei "servizi" che comprende tanto quelli materiali, dal toelettatore alla pensione ecc....., quanto anche quelli più in generale informativi, dalle riviste di settore, agli studi o la letteratura, fino a blog, fanzine e servizi telematici vari....
Magari parlerò più avanti di "approfondimento cinofilo" e di cosa vuol dire oggi fare "approfondimento" in un ambito come la cinofilia.
Su cosa ineressa alle persone o di cosa si parla.
Ciò che voglio solo rilevare è che, come in ogni altra economia umana, anche la pet economy ha subito una rivoluzione con l'innovazione tecnologica e il settore servizi.
Pur se dei tre pare il meno solido, in quanto "non essenziale" come alimentazione e salute, è pur sempre centrale, in quanto "cassa di risonanza" degli altri due, con pubblicità, sponsorizzazioni articoli e servizi, o ad essi comunque strettamente correlato.
E così una alimentazione sana, una salute sempre sotto controllo e una sconfinata serie di servizi e informazioni, diventano il "brand" della cosiddetta pet economy.
Un'economia dalle infinite possibilità e dai materiali resistenti, dal consiglio del medico al parere dell'addestratore, dal perché il cane fa così a come gestire la fase del lutto....
Ma chi è il protagonista di tutto ciò?
Chi è l'indiscusso attore di cotale e cotanto mercato?
No. Non è il cane.
Il cane, come dicevamo è l'oggetto di questo mercato, venduto con fattura o in nero.
In ogni caso "consumatore" passivo di offerte e servizi pensati da altri e, a volte, per altri.
Per gli umani,
"proprietari che fanno cose col cane".
Il protagonista siamo noi e la nostra mania delle razze.
Il nostro volere un cane, ma volerlo come decidiamo noi.
Con una certa forma e dei particolari comportamenti, anche se quest'ultimo punto non vale per tutti.
Per tanti infatti è solo questione di forma.
Perché infatti tutta la pet economy nasce e si fonda sul commercio dei cani.
Questo è proprio un fatto storico, non una teoria.
È un dato reale e materiale, storicamente accertato.
Non discutibile.
Solo nel 1872, quando venne fondata l'ENCI, il commercio dei cani di razza rappresentava una minuscola fetta di mercato, riservata per lo più a nobili e ricchi, con la passione della caccia.
Addirittura, nel nostro Paese, ancora nel 1931, veniva pubblicata una legge, il Decreto Regio 1175, che catalogava i "cani d'affezione", come "beni di lusso", dunque tassati L. 150.
Legge rimasta formalmente in vigore fino al 1991 e abolita definitivamente con la legge 281.
Come è potuta dunque nascere questa po-po di pet economy, se neanche un secolo fa i cani di razza li avevano solo i ricchi, mentre i poveri (ovvero quasi tutti) i propri "cani bastardi" li nutrivano con gli avanzi e non li curavano?
Semplice. Mettendo in commercio cani di razza.
Cani "di valore".
Cani che dunque costano soldi per "essere curati".
Cani che solo se spendi dei soldi li puoi mantenere, mica come il "bastardo del contadino".
Il cane di razza è oggetto di valore.
Sono cani che poi li vedi alle mostre, che son figli di campioni.
Cani che sì, son delicati, ma vuoi mettere che performance....
È dal cane di razza che nasce la pet economy e sul cane di razza ancora oggi si fonda.
Sull'idea che il cane costa soldi.
Ed è "breed oriented" la pet economy, per usare un anglicismo.
È orientata alla razza.
È "breed oriented" la medicina veterinaria, che studia, affronta e cura le patologie di razza.
"Breed oriented" è pure l'alimentazione, che oltre ai mangimi "specifici" per razza, produce anche intere linee "vet", per far fronte ad ogni tipo di patologia, di razza o meno....
Ed è "breed oriented" pure l'approfondimento, così come, in generale, "breed oriented" sono i servizi che, a seconda della razza del tuo cane, ti offrono sempre le "migliori opportunità".
Ora.
A fine di questo lungo ragionamento.
Ora a fine di tante e lunghe considerazioni.
Ora...
P**a caso che venisse fuori che in realtà i cani di razza sono soggetti più fragili, più soggetti a patologie, estremamente più bisognosi di cure anche da un punto di vista "comportamentale", perché selezionati per manifestare paricolari comportamenti, dunque bisognosi di poter fare diverse attività e trovare continue compensazioni, a carenze ambientali e di stimolazione.... Perché certo non puoi mica prendere delle pecore se hai un cane da pastore, o andare a caccia se compri un terrier....
A chi converrebbe parlare di tutto ciò?
La "breed oriented economy" conviene a tutti.
Purtroppo, quando si parla di economia, si parla di soldi.
Di spendere soldi e di guadagnare soldi.
E più il cane diventa un bene costoso più l'economia cresce.
Più il cane ha bisogno di cure e attenzioni, più l'economia cresce.
Più è fragile e delicato, più l'economia cresce.
Se mangia cibo particolare perché soggetto a intolleranze alimentari o patologie di razza, l'economia cresce.
Se si sottopone a costosi interventi o a cure continue perché soggetto a qualche patologia di razza, l'economia cresce.
Se ha bisogno di infinite attività per compensare ad una vita che è totalmente diversa da quella per cui era stato "in origine selezionato", l'economia cresce.
E per di più noi ne abbiamo un sacco da parlare, da fare "approfondimento".
E l'economia cresce.
Serve altro per mostrare il gigantesco conflitto di interesse che c'è tra questa enorme economia e il reale interesse dei cani?
Qualcuno vi ha mai detto che sgranocchiando un tozzo di pane secco, o correndo dietro un legnetto un cane può divertirsi tanto quanto (e a volte anche di più) che con gli ultimi, costosissimi, brandizzatissimi ritrovati di qualche famoso marchio?
O che probabilmente il "bastardo del contadino" avrà un sacco di problemi e pippe sanitarie in meno del costosissimo cane di razza?
E che magari sarà affettuoso e socievole lo stesso?
Perché io invece sento in genere dire che tutti i cani andrebbero sterilizzati.
Solo gli allevatori possono vantarsi di riprodurre cani.
"Breed oriented" pure accoppiamento e riproduzione.
Perché la pet economy è una economia orientata alla razza.
Scordatevi dunque qualunque pensiero critico in materia
Perché spacciare una delle specie più "forti e resilienti", più diffuse e adattate a contesti diversi, come se fosse invece una specie "debole e fragile", continuamente bisognosa delle nostre "cure", alla fine conviene a tutti.
Senza dirvi che questo, invece, è solo il principale problema dei "cani di razza", o non dei cani in generale....
E l'economia cresce.....