Stefania Istruttore Cinofilo

Stefania Istruttore Cinofilo Facilitatore della relazione AnimaleUomo e Animale-Cane. Consulenze pre-adozione, affiancamento nell

Consulenze pre-adozione, affiancamento nella crescita e nell'inserimento in famiglia.

Gatta da camino 🫶Libera di scegliere 💪
25/04/2025

Gatta da camino 🫶
Libera di scegliere 💪

16/04/2025

DUE PAROLE SULL’ANTISPECISMO PER CAPIRE IL VEGANISMO

Dopo il post-umanesimo, di cui abbiamo accennato ieri, oggi parliamo del secondo sistema filosofico che incontra nel suo percorso chi è vegan per scelta etica: l’antispecismo.

L’antispecismo è un sistema di pensiero che ci dice che non solo ciò che riteniamo noi vale solo per la nostra specie, ma che in realtà non esiste nessuna gerarchia tra le specie. Non esiste una specie più importante di un’altra: immaginiamo l’Universo fatto da miliardi di galassie, fatte a loro volta di miliardi di stelle come il sole di varie dimensioni. In un respiro così ampio siamo davvero sicuri che la nostra specie conti più delle altre per chiunque abbia dato il via a tutto, sia un Principio Intelligente o il Caos? In realtà questo principio si basa sul concetto di senzienza, che l’uomo condivide con gli altri animali. Tutti gli animali sono esseri senzienti dal momento che posseggono cellule nervose, cellule specializzate alla ricezione degli stimoli e quindi alla produzione di sensazioni. Anche le spugne, animali estremamente semplici, hanno le cellule nervose sparse nel loro corpo. Essere senziente significa poter provare anche dolore e costrizione: se non esistono specie gerarchicamente superiori ad altre, non esiste nessun motivo per cui una specie debba procurare coscientemente sofferenza a un’altra.

Il veganismo etico non è una moda, un life-style stiloso come un altro: è una scelta che ha alla base sistemi filosofici. Il veganismo etico appartiene al nostro bagaglio di specie: a noi piace pensare che sia la punta massima dell’evoluzione morale e filosofica, una sorta di ritorno a casa, a quella chiusura del cerchio che è stato la nostra permanenza nella materia manifesta.

10/04/2025

"Vivere comporta pericoli.

Se una valanga travolge e uccide degli sciatori, non si da la colpa alla montagna, non la si rade al suolo, ma si sensibilizza a conoscere il rischio valanghe e ad evitarlo.

Non puoi condannare a morte una montagna abbattendola, un oceano prosciugandolo, un cielo aspirandolo.

Per ridurre il rischio puoi invece educare alla montagna, educare all'oceano, educare al cielo.

Un rischio che però resta e va accettato come parte della vita.

Orsi, lupi, vipere, cinghiali, squali, sono come montagne, oceani, cieli."

Francesco De Giorgio

Anche noi siamo come montagne, oceani, cieli.
Anche i cani.
Anche i gatti.

Notte serena 🌜
03/04/2025

Notte serena 🌜

28/03/2025

Studio interessante ed originale condotto dai ricercatori veterinari dell’Università di Bari in collaborazione con degli psicologi e finalizzato ad esplorare le motivazioni che spingono i volontari a prendersi cura dei cani di canile e di quelli randagi che vivono in Puglia. E’ ragionevole ritenere che, in molti casi, il comportamento prosociale esibito dai volontari sia motivato dall’empatia, intesa come capacità di comprendere i bisogni dell’altro, e che sia quindi funzionale allo scopo di migliorare il benessere dei cani. Tuttavia, in altri casi, un comportamento apparentemente prosociale potrebbe essere primariamente causato dalla necessità di soddisfare i bisogni della persona che lo esegue, e ciò potrebbe ostacolare il raggiungimento di una autentica comprensione dei reali bisogni del cane, e concretizzarsi, quindi, in un intervento disfunzionale. Partendo da queste premesse, gli autori della ricerca hanno studiato le caratteristiche psicologiche di un campione di 122 volontari, utilizzando tre diversi tipi di questionari, ed hanno riscontrato l’attivazione dei cosiddetti “schemi maladattativi precoci” (come quelli legati all’abbandono, alla sfiducia e alla grandiosità) in una percentuale non trascurabile di soggetti. Tali schemi maladattativi sono insiemi di ricordi, emozioni, pensieri e sensazioni che insorgono durante l’infanzia e/o l’adolescenza degli individui e che influenzano il loro comportamento anche durante la vita adulta. Nello specifico, gli autori dello studio ipotizzano che l’attivazione di questi schemi maladattativi potrebbe indurre alcuni volontari a compiere degli interventi disfunzionali come quelli che conducono alla cattura e rimozione dal territorio di cani non socializzati con gli esseri umani e/o, più in generale, ad adozioni di cani effettuate in una maniera troppo frettolosa e superficiale. Ad esempio, l’attivazione dello schema dell’abbandono (e quindi la paura dell’abbandono) potrebbe indurre alcune persone ad assumere atteggiamenti iperprotettivi nei confronti dei cani liberi e a sopravvalutare i pericoli ai quali essi sono esposti sul territorio con conseguente cattura dei cani stessi e riduzione del loro benessere a causa della perdita della libertà e dei legami sociali con i membri del loro branco. Inoltre, l’attivazione dello schema della sfiducia (e, quindi, la paura di essere ingannati) potrebbe ridurre la tendenza dei volontari a collaborare con i professionisti che si occupano del benessere dei cani con conseguenze negative per lo stesso. Infine, l’attivazione dello schema della grandiosità (associato a sentimenti di superiorità) potrebbe indurre alcune persone ad utilizzare i cani come mezzo per esercitare il proprio controllo sugli altri conducendo ad un numero eccessivo di “salvataggi” e di adozioni “frettolose” con bassa probabilità di successo. Un altro risultato interessante emerso da questo studio è l’associazione statisticamente significativa tra l’attivazione dei suddetti schemi maladattativi e la presenza di “inflessibilità psicologica” (la tendenza ad assumere posizioni rigide di fronte agli eventi) e di “credenze irrazionali” nei volontari che hanno preso parte allo studio. Tuttavia, sia l’inflessibilità psicologica che le credenze irrazionali (misurate con specifici tests) si sono significativamente ridotte nei volontari che si sono sottoposti a specifiche sessioni di terapia cognitiva e a un corso di formazione sulle esigenze etologiche e sul benessere del cane. Ovviamente si tratta di uno studio pilota che, spero, costituisca una buona base di partenza per aprire nuove linee di ricerca. Queste ricerche potrebbero essere utili allo scopo di sviluppare specifici programmi di educazione e formazione rivolti ai volontari che desiderano occuparsi del benessere dei cani. A tale scopo, sarà importante dimostrare l’esistenza di una effettiva relazione di causa-effetto tra schemi disfunzionali e comportamenti disfunzionali che compromettono il benessere dei cani. Personalmente, accolgo molto volentieri studi multidisciplinari e innovativi come questo che sottolineano l’importanza della conservazione dei cani che vivono liberi sul territorio.

Grazie per la traduzione al dottor Bonanni.

⤵️ Qui trovate il testo completo.

https://www.mdpi.com/2306-7381/9/3/145/htm

Cani orientali: cani che si comportano da cani 😍
18/03/2025

Cani orientali: cani che si comportano da cani 😍

Un po' di letteratura. Giorgio Manganelli (Cina e altri orienti) e Sergio Antonielli (Un cane e un uomo in più):
- ...non si può genericamente parlare di cane servo.
Questa definizione è vera se riferita ai cani occidentali (o occidentalizzati), che, sapendo di "avere una collocazione nella storia", hanno perso il contatto con le loro radici animali e sono nevrotici come milanesi sotto Natale, o romani subito dopo un tamponamento.
E' invece meno esatta se applicata ai cani d'oriente che sono di "contegno decoroso e discreto" e hanno sviluppato la capacità di vivere a fianco dell'uomo, da cui hanno appreso l'arte della gentilezza, senza eccessivi patemi.

- ...finora nessun cane mi ha mai abbaiato contro: ma qui, nelle sagrestie cattoliche, trovo per la prima volta cani che ringhiano, mi detestano, e vengono rabboniti con staffilate: non c'è dubbio, questi cani sono moralmente occidentali.
Un cane indigeno non avrebbe né abbaiato né scodinzolato; mi avrebbe ignorato totalmente. -

10/03/2025

Da settimane i social media rilanciano la notizia delle stragi di cani in Marocco, mentre le associazioni animaliste cercano di intervenire.

09/03/2025

Il rispetto di Nio e l'affetto di Jana 💕

01/03/2025

RAZZE PERICOLOSE. PERCHÉ ESISTONO?
PERCHÉ LE ABBIAMO "SELEZIONATE" NOI

Per comprendere in modo facile il problema delle aggressioni dei cani, a prescindere dal singolo caso e per darne una spiegazione generale, non serve qualche espertone chiamato ad analizzare la dinamica, o a raccontarci le ultime mirabolanti scoperte della scienza.
Le cose sono già abbastanza chiare da molto tempo.
Basterebbe, invece di voler fare a tutti i costi gli scienziati, studiare chi scienziato lo era veramente.

Quasi 60 anni fa Desmond Morris, grande studioso del mondo animale, poneva le basi per studiare il "comportamento sociale", che distingue tra loro le specie per la capacità di costruire legami anziché conflitti.

È a lui, per esempio, che dobbiamo alcune tra le prime osservazioni sui segnali calmanti e sui segnali di pacificazione (no, non li ha scoperti turid rugaas guardando i cani, spiace deludere qualcuno).

Quello che molti però non sanno è che la teoria dei segnali calmanti e pacificatori non è una roba buttata lì a casaccio, un po' come fa la rugaas.
Tipo che guardi il cane e, se si lecca il naso, è a disagio.
Così, un po' a caso, come se il cane c'avesse qualche tic nervoso....

In realtà la teoria dei segnali calmanti e pacificatori fu ipotizzata per descrivere, in un contesto molto più generale, alcune specifiche dinamiche della vita sociale degli animali.
E, in particolare, si provava a spiegare come possono risolversi le situazioni di conflitto e di scontro, osservando le differenze tra i rapporti interni ai gruppi e quelli verso soggetti estranei, tra gli scontri che si concludono con l'uccisione del rivale e quelli in cui si "fa la pace".

Una delle domande che ha sempre affascinato gli studiosi, infatti, è quella sul perché animali predatori, dorati di "armi" potentissime, come denti affilati o artigli taglienti, in grado di usarli anche per uccidere bestie molto più grandi di loro, armi che potrebbero risolvere un conflitto in pochi istanti, non le utilizzino invece, in moltissimi casi, negli scontri interni al proprio gruppo sociale. Preferendo invece "esagerare" coi comportamenti di minaccia, ma senza poi arrivare sempre ad uno sconto fisico.
Che anzi quasi mai, in queste situazioni, si arrivi ad uccidere il rivale, e a volte neanche a ferirlo.

Non staremo a farla lunga sull'importanza di questi studi nella conoscenza di quelli che oggi definiamo "comportamenti ritualizzati", che vanno da quelli di aggressione, a quelli di sottomissione, fino appunto ai segnali calmanti, i comportamenti pacificatori o il groomimg.....
Direi che su questo siamo tutti abbastanza ferrati....
Visto che ormai siamo tutti un po' etologi....

Ciò che è interessante è che Morris osserva, (ricordiamo nel 1967, quindi è una cosa che si sa già da un po', mica me la invento io ora), una chiara differenza tra diversi tipi di aggressività (anche questo, per la cronaca, non l'ha scoperto qualche veterinario comportamentalista tipo dehasse, o chi per lui).

La prima grande distinzione osservata da Morris, tra i diversi tipi di aggressività, è quella tra aggressioni "sociali", ossia tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo o, al più, ad una stessa specie, e aggressioni predatorie, in genere verso particolari target, in genere di specie diversa.

La differenza è sostanziale, visto che sono completamente diverse tanto le "ragioni" dell'aggressione, quanto le sue "finalità".

In un caso si vogliono chiarire dei rapporti, nell'altro non c'è nulla da chiarire e nemmeno da comunicare.

In un'aggressione predatoria, anzi, ogni forma di "comunicazione" sarebbe inutile, se non addirittura deleteria.
Una perdita di tempo, in senso letterale.

Mentre al contrario, nei conflitti sociali, possiamo vedere dispiegarsi tutta una serie di "comportamenti di minaccia". Comportamenti ritualizzati, appunto, che in certi casi sembrano più delle danze che non degli scontri.

Certo poi ci sono delle differenze, nelle cosiddette aggressioni sociali, anche tra quelle interne al gruppo e quelle verso individui estranei, quelle gerarchiche o quelle competitive....

Così come oggi sappiamo che i comportamenti aggressivi sono sostenuti da veri e propri "sistemi motivazionali", ossia sistemi che regolano, a livello chimico e ormonale, il desiderio, la ricerca, il piacere o l'appagamento.

Oggi infine sappiamo anche che i comportamenti aggressivi possono addirittura procurare piacere per il solo fatto di metterli in atto, e che dunque ci possono essere soggetti che provano un vero e proprio appagamento nel mostrare comportamenti aggressivi.
Soggetti che cercano attivamente motivi di scontro, o che reagiscono in modo impulsivo se esposti a stimoli particolari.

In particolare poi, sono le aggressioni predatorie quelle che possono dare maggiore piacere, che anzi sono motivate e sostenute dal piacere, diversamente dai conflitti sociali, che in molti casi sono invece provocati da stress.

È proprio su questo che si basa la selezione delle razze.
Sul fatto che non solo le "forme", ma anche i comportamenti possono avere una base genetica.
Anche i comportamenti possono essere selezionati.

Dalla "punta" del pointer e del setter, a quella del border collie.
Dal girare intorno al gruppo dei pastori al "radunare" chi prova ad allontanarsi mordendo i garretti.

E così anche per i comportamenti aggressivi.

Per avere cani che proteggessero le greggi abbiamo selezionato cani particolarmente diffidenti, pronti a vedere un nemico in ogni estraneo, umano o animale.
Per avere cani pronti ad andare in guerra o alla difesa personale abbiamo selezionato cani estremamente reattivi e facili da "educare" al morso.
Per avere cani che combattessero nelle nostre arene abbiamo perfino selezionato cani che vedono i loro stessi simili non come referenti sociali, ma come prede: la solitudine esistenziale del pit bull, specie se maschio.

Per quanto mi è dato sapere abbiamo selezionato l'aggressività in ogni sua possibile forma e sfumatura, che sia diretta solo verso particolari target, come i cani "da penna", o che sia più o meno generalizzata, come i terrier.
Che sia rivolta solo esclusivamente verso altri animali, o che possa, in date circostanze, esprimersi anche verso l'uomo.

Esistono le razze pericolose?

Certamente che esistono.
Le abbiamo selezionate noi per essere, in date circostanze, estremamente aggressive, in grado anche di uccidere, se necessario, o di morire pur di non arrendersi.

E quali sarebbero dunque le razze pericolose?
Beh... Non devo certo essere io a dirlo.
Bisogna chiederlo a ENCI e agli allevatori.
Sono loro che "selezionano e migliorano" le razze.
E se dunque nello "standard di razza" è previsto che il cane debba avere comportamenti aggressivi, et voilà che si selezionano cani potenzialmente aggressivi.

E il bello è che in modo del tutto distopico chiamano questa una "dote naturale" del cane.
Non c'è nulla di più artificiale che selezionare dei cani in base ai comportamenti che vogliamo da loro. Neanche a dirlo se questi poi sono comportamenti aggressivi.

Possiamo anche discutere se sia giusto o meno "selezionare" cani in base a come li vogliamo noi ma, per pietà, smettiamo almeno di spacciarla come cosa "naturale".

I cani sono tendenzialmente animali opportunisti, schivi e docili, ma spesso anche socievoli. Molto raramente aggressivi.
E così erano probabilmente prima della domesticazione.

Non sarebbero sopravvissuti fino ad oggi accanto a noi se fossero stati animali aggressivi o pericolosi. E di questo possiamo esserne certi.
Non è mai sopravvissuto nessun altro animale potenzialmente pericoloso dove gli umani hanno deciso di stabilirsi.
Mai e in nessun luogo.

L'aggressività è una caratteristica rara dei cani, specialmente verso l'uomo.
È solo attraverso una selezione artificiale che questa può essere spinta e incentivata.

E la cosa assurda è che se anche è vietato "addestrare" cani ad essere aggressivi, non è però vietato, quei comportamenti, "selezionarli in quanto doti naturali".

Sono anche segnati nei pedigree. Alla voce "prove di lavoro".

Anche questo è la selezione delle razze.
Selezionare in modo artificiale per poi spacciarlo come dote naturale.

L'aggressività è tutt'oggi ampiamente selezionata in moltissime razze e in moltissimi modi.

E i problemi sono 2:

Quando sbagli a selezionare e quando commetti errori di gestione.

Può così capitare che un bimbo venga visto come "preda" da un cane selezionato per vedere un po' tutto come preda.
Oppure che un amico o un familiare venga considerato come estraneo da un cane selezionato per difendere una persona.

E più la razza selezionata è potenzialmente aggressiva, più sarà facile che anche a piccoli errori corrispondano grandi tragedie.

E così parte la caccia alla razza pericolosa.
Ma quello che in realtà è pericoloso è la selezione.

Questo non mi pare discutibile e le razze pericolose sono decine.
Poi le conclusioni traetele voi....

Io posso solo dire che, fortunatamente, dalla razza si può anche guarire....

24/02/2025

Il canile si abolisce, non si sostituisce.
Il concetto di canile è talmente bieco e squallido, così chiaramente connesso alla persecuzione e al dominio dei cani, che, proprio, non è possibile, neppure lontanamente, neppure con i più potenti condizionamenti tipici delle nostre società speciste, farlo passare come luogo accettabile.
Lo sanno tutt*, anche chi ci lavora, anche chi li dirige, che i canili sono il luogo della sofferenza, l'emblema dell'ingiustizia che campeggia indisturbato a sancire il nostro "moderno e razionale" rapporto con i cani.
Gabbie e reclusione, impedimento e dominio, repressione delle più elementari libertà e rabbia, tanta tanta rabbia.
Ma una rabbia che sfocia nello stress, nella malattia, nella depressione, nella rassegnazione, una sorta di morte sociale, un radicale annientamento dell'essere cani.
Non ci dovrebbe essere alcun bisogno di spiegarlo, di entrare nei particolari, di sottolinearne le caratteristiche.
Tutt* sentono nel loro intimo la profondità del tradimento, l'errore grossolano, la palese ingiustizia.
Solo che è talmente evidente dall'essere troppo pesante da affrontare, soprattutto troppo angosciante per essere messo in discussione.
Tratto da "Chiudiamo i canili" di Troglodita Tribe -Ortica Editrice.
https://www.ibs.it/chiudiamo-canili-ediz-integrale-libro-troglodita-tribe/e/9788831384780?srsltid=AfmBOoqniYRbardDBhnv4VI-o0C5XWiUcTYzZfeDp73VdepkwLPGDCwg

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