
14/06/2025
Sono passati 67 anni da quando Laika fu lanciata nello spazio ,sento che è mio dovere ricordare questa storia.
Non per nostalgia o curiosità scientifica — ma per un profondo senso di colpa e di rispetto.
Perché Laika non fu solo un esperimento.
Era vita. Era presenza. Era innocenza consegnata all’ignoto.
Il suo vero nome era Kudrjavka, che in russo significa “ricciolina”.
Ma divenne nota come Laika, “quella che abbaia”, o “Piccola Abbaiatrice”.
Era un meticcio, metà Husky e metà Terrier, catturata per strada nelle fredde vie di Mosca.
Aveva solo tre anni, ed era stata scelta perché calma, docile e sopravvissuta alle dure condizioni della vita di strada — come se questo la rendesse più adatta a morire da sola nello spazio.
Il 3 novembre 1957, alle 2 del mattino, Laika fu lanciata a bordo dello Sputnik 2.
Il satellite era equipaggiato con cibo, acqua, un sistema di raffreddamento e pareti imbottite.
Ma non c’era alcun piano per farla tornare.
Sin dall’inizio, quel viaggio fu una condanna a morte mascherata da progresso scientifico.
Si dice che sopravvisse sette ore, ma altre fonti parlano di fino a quattro giorni.
Da sola. In silenzio. Senza capire perché fosse stata portata via.
Soltanto a fluttuare dentro una capsula di metallo, mentre la Terra girava sotto di lei — sempre più lontana.
Fece 2.570 orbite attorno al pianeta.
Poi, il 14 aprile 1958, la capsula rientrò nell’atmosfera e si disintegrò.
Portata via dal calore. Dalla gravità. Dall’oblio.
Laika non aveva chiesto di essere la nostra eroina.
Non aveva scelto di rappresentare la scienza, la corsa allo spazio o il progresso umano.
Era solo una cagnolina randagia, con occhi che cercavano affetto — e un corpo che fu usato come uno strumento.
Ed è per questo, fratello, che ogni anno ritorno su questa storia.
Perché ci obbliga a ricordare che non tutto il progresso è innocente,
e che molti dei nostri traguardi sono stati scritti con il dolore di chi non ha potuto dire “no”.
Laika, non ti abbiamo dimenticata.
E finché ci sarà qualcuno che racconterà la tua storia con verità,
la tua memoria vivrà — non come un esperimento,
ma come una testimonianza di ciò che non dobbiamo mai più ripetere.